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giovedì 17 ottobre 2024

#Personaggi: Eminem

Anche se nella nostra categoria “Musica” non abbiamo completamente escluso il rap (abbiamo parlato di “Arakno 2100”, “X Agosto 2048”, “Lontano 2036” e “Sangue di Drago” di Rancore così come di “Schopenhauer” di Tommi Eight), non è esattamente il nostro genere musicale preferito, e forse dopo quattro anni di articoli di canzoni di artisti italiani come De André, Battisti e Masini o di cantanti anglofoni come i Beatles e Melanie Martinez potete anche averlo intuito.
Come diciamo, però, all’interno degli articoli presenti in “Arte”, in cui parliamo spesso di pittori non proprio affini ai nostri gusti: non prediligere lo stile di qualcuno non è una scusa per snobbare quel qualcuno, e lo studio del personaggio è tanto importante quanto lo studio delle sue opere. Oggi proveremo a farvelo capire.

Conosciamo tutti Eminem e conosciamo tutti la sua carriera – e per questo motivo non parleremo nei dettagli di quest’ultima come facciamo di solito con gli altri artisti – ma conoscete tutti la sua storia? Sapete perché è un personaggio così controverso?
Marshall Bruce Mathers III, conosciuto principalmente per il suo nome d’arte Eminem, nasce a St. Joseph (in Missouri) il 17 Ottobre 1972 da Marshall Bruce Mathers II e Debbie Mather-Briggs.
Cresce nel degrado fin da bambino: la sua famiglia – già povera di base – si spacca a metà quando suo padre li abbandona per andare a vivere in California; da quel momento i due iniziano a vivere da nomadi, spostandosi tra Detroit, St. Joseph, Kansas City e Savannah e vivendo principalmente da parenti, in case abusive o nelle roulotte. In questi anni sua madre inizia ad avere sempre più problemi di dipendenze da droghe e farmaci vari, tanto che le verrà diagnosticata la Sindrome di Münchhausen: un disturbo mentale conosciuto anche come sindrome da dipendenza dall’ospedale. La sindrome porta a una grave dipendenza da medicinali, così come a procedure terapeutiche talvolta anche dolorosissime e dal ricovero stesso.

“I was harassed daily by this fat kid named DeAngelo Bailey
an eighth grader who acted obnoxious, 'cause his father boxes
so everyday he'd shove me in the lockers
one day he came in the bathroom while I was pissin’
and had me in the position to beat me into submission
e banged my head against the urinal 'til he broke my nose
soaked my clothes in blood, grabbed me and choked my throat
(Ero molestato quotidianamente da questo bambino grasso chiamato DeAngelo Bailey
che frequentava le scuole medie e che si comportava in modo odioso perché suo padre faceva boxe.
Ogni giorno mi chiudeva negli armadietti
e un giorno venne in bagno mentre stavo pisciando e mi picchiò fino a sottomettermi
mi prese la testa e la sbatté contro l'orinatoio fino rompermi il naso
mentre i miei vestiti si riempivano di sangue, mi agguantò alla gola e mi strozzò)”

 
A dodici anni Marshall e sua madre si stabiliscono definitivamente sulla 8 Mile Road di Detroit, un famoso accampamento di roulotte molto povero conosciuto per essere di confine tra due delle etnie più
Marshall e sua madre
 in competizione negli States: i bianchi e i neri.
In questo periodo i problemi di dipendenza di Debbie peggiorano notevolmente, così come peggiorano le varie storie d’amore della donna, che portava costantemente uomini “a casa” che bistrattavano e addirittura abusavano di Marshall; a bistrattarlo però non sono solo loro, ma anche i suoi compagni di scuola.
Fu bocciato tre volte a causa delle sue assenze e fu vittima di bullismo (aveva il soprannome di “sfigato della classe”), ma il culmine fu raggiunto quando uno dei suoi numerosi bulli, DeAngelo Bailey, lo picchiò così tanto da mandarlo in coma per cinque giorni. Sua madre denunciò il fatto, ma il caso fu archiviato dopo pochissimo. Nella vita non può essere tutto nero, e quando iniziò a frequentare la Lincoln High School di Warren conobbe il suo futuro migliore amico e collega DeShaun Dupree Holton (conosciuto con il nome d’arte Proof) e la futura moglie Kimberly Anne Scott.

All’età di diciassette anni lascia gli studi per iniziare a lavorare nella catena di pizzerie Little Caesar’s Pizza per poter dare un sostegno a una Kimberly ormai incinta e a sua madre, che comunque non apprezzerà mai veramente i suoi contributi e lo caccerà di casa numerose volte.
In questo periodo inizia seriamente a interessarsi al rap e alla scrittura di testi, passione già nata da bambino, quando suo zio e figura paterna Ronnie Polkingharn – morto suicida nel 2004 – gli fece ascoltare la canzone “Reckless” di The Glove, David Storrs e Ice-T e coltivata nei primi anni della sua adolescenza quando inizia a partecipare a gare di rap e freestyle con lo pseudonimo di M&M insieme a Proof e a farsi conoscere non tanto nella scena rap mainstream, quanto in quella underground.

Nel 1988 forma i New Jacks con Proof e DJ Butter Fingers, gruppo che cambiò nome in Soul Intent nel 1992, dopo aver firmato un contratto con la Bassmint Productions. Pubblicarono il loro primo singolo, “Fuckin’ Backstabber”, nel 1995 e in questo periodo Marshall cambia il suo nome d’arte in quello ancora oggi conosciuto, che non è altro la pronuncia del suo precedente pseudonimo.
Nel 1996 forma i Dirty Dozen (D12) affiancato dall’ormai migliore amico Proof e seguito da Bizarre, Mr. Porter, Kuniva e Swifty McVayi, ma poco dopo firma un contratto discografico con la F.B.T. Productions e rilascia il suo primo album (e clamoroso flop) “Infinite”. Era fidanzato e aveva avuto una figlia, Hailie Scott Mathers, ma anche la sua vita privata stava andando tutt’altro che bene: lui e Kim vivevano in un quartiere di Detroit oppresso dalla criminalità ed erano costantemente vittime di
Marshall e suo zio Ronnie
furti ed effrazioni; Marshall lavorava come cuoco e lavapiatti al ristorante Gilbert’s Lodge venendo pagato con il salario minimo (all’epoca il “minimum wage” era di circa quattro dollari all’ora) e lavorando per sessanta ore a settimana. Nonostante la sua fama da dipendente modello, comunque, Marshall viene licenziato, lui e la sua famiglia sono costretti a tornare a vivere con Debbie in roulotte. In questo periodo, a seguito del licenziamento e del flop della sua prima opera da rapper, i problemi sviluppati con la droga arrivano al culmine e sfociano in un tentativo di suicidio.

Dopo aver toccato il fondo a trecentosessanta gradi Marshall inventa Slim Shady, un alter ego violento e sadico attraverso cui sfoga la sua rabbia e il suo disprezzo per la società che darà il nome al suo primo EP rilasciato nel 1997: con questo album inizia a farsi conoscere realmente nella scena rap grazie al suo umorismo dissacrante e autodenigratorio e grazie ai temi trattati (stupro, violenze, droghe, omicidio) all’interno dei brani e inizia a farsi rispettare in quanto uno dei pochi uomini bianchi in grado di fare rap in un panorama musicale dominato da afroamericani.
Lui non lo sa, ma questo EP sarà la chiave di volta della sua carriera: il rapper, produttore musicale e fondatore della Aftermath Entertainment Dr. Dre, infatti, troverà quasi per caso una demo dell’opera all’interno del garage del presidente della Interscope Records Jimmy Iovine e, citiamo testualmente: «In tutta la mia carriera nell'industria musicale, non ho mai trovato nulla da un nastro demo o un CD. Quando Jimmy ha fatto partire l’album ho detto: “Trovatelo, adesso”».
E Dr. Dre lo trovò eccome, tanto che nel 1999 esce l’LP “The Slim Shady LP” (in cui è presente il brano “My Name Is”, ancora oggi uno dei successi più grandi del rapper) prodotto dalla Aftermath Entertainment e dalla Interscope Records; l’album diventa il più ascoltato dell’anno, lo fa diventare famoso a livello internazionale e gli fa vincere quattro dischi di platino.

Nel Maggio del 2000 esce “The Marshall Mathers LP” (in cui è presente “The Real Slim Shady”, un altro dei suoi brani più famosi), che suggella definitivamente la carriera di Marshall. In una settimana le vendite sfiorano i due milioni solo negli Stati Uniti, raggiunge la seconda posizione nella Billboard 200, vince quattro dischi di platino, viene considerato “Miglior Album del 2000” da Rolling Stone e vince un Grammy Award come “Miglior Album Rap”. Al suo interno sono presenti collaborazioni con artisti come: Dido, RBX, Sticky Fingaz, Bizarre, Dina Rae, Snoop Dogg, Xzibit, Nate Dogg, Marilyn Manson, il suo ormai caro amico Dr. Dre e i D12, la sua vecchia band.
Marshall e Kim
Nel 2002 viene rilasciato “The Eminem Show”, il disco di diamante le cui vendite mondiali superano le ventisette milioni. Questo album, per quanto al centro di numerosi scandali e critiche, non viene comunque considerato dissacrante come i suoi lavori precedenti… non fraintendeteci (e soprattutto non fraintendetelo), grazie a “Cleanin’ Out My Closet”, viene denunciato da sua madre per diffamazione, e grazie alla canzone “Without Me” entra nelle blacklists di innumerevoli personaggi pubblici (e, possiamo immaginare, anche di chi sta dietro a quest’ultimi), ma comunque non come con gli altri album.
L’opera viene comunque considerata da Rolling Stone “Miglior Album del 2002”.

Inoltre, sempre lo stesso anno debutta come attore nella pellicola 8Mile diretta da Curtis Hanson; come possiamo facilmente intuire dal titolo, il film è dedicato alla sua vita prima dell’inizio della sua carriera.
Grazie a questo film Marshall vincerà nel 2003 un Grammy Award nella categoria “Miglior Rap Cantato”, un Oscar per la canzone “Lose Yourself” e due MTV Movie Awards nelle categorie “Migliore Performance Maschile” e “Migliore Performance Rivelazione Maschile”.

Due dei tre LP menzionati – “The Slim Shady LP” e “The Marshall Mathers LP” – sono stati inseriti, dopo l’aggiornamento del 2020, nella lista delle 500 greatest albums of all-time (500 album migliori di tutti i tempi) creata da Rolling Stone.

 
Ci stiamo avvicinando alla fine dell’articolo, e crediamo sia importante menzionare alcune delle controversie principali che hanno visto Eminem al centro di discussioni non poco importanti:
- dopo aver rilasciato “’97 Bonnie & Clyde” e “Kim” – inserite rispettivamente in “The Slim Shady LP” e in “The Marshall Mathers LP” – sua moglie tentò il suicidio tagliandosi le vene, e a seguito di ciò il cantante chiese il divorzio;
- Nei primi anni del 2000 il rapper Benzino dopo aver trovato due cassette in cui Marshall rappava frasi razziste (nella prima diceva “Non mi piace la feccia negra” e nella seconda “le donne di colore vanno solo a caccia di soldi dai loro partner”) lo accusò di razzismo divulgando i file audio. Il rapper si scusò immediatamente e, forse perché i tempi erano diversi, forse perché le giustificazioni date furono ritenute effettivamente valide, forse perché Marshall fu appoggiato anche dall’amministratore delegato della Def Jam Russell Simmons o forse perché si scusò anche in “Yellow Brick Road” per le cose
dette, i suoi colleghi accettarono le scuse e decisero di dimenticare o ignorare l’accaduto;
- In “Kim” e in “Kill You” il rapper fantastica sull’omicidio di sua moglie Kimberly e sullo stupro di sua madre vedendosi protagonista di questi due atti;
- Più volte nel corso della sua carriera è stato additato come omofobo, soprattutto per la presenza della parola “faggot” nei testi di alcune canzoni (come per esempio “Criminal”, “Rap God” e “Fall”), ma più volte ha smentito le accuse affermando che sono semplicemente degli intercalari utilizzati, ma che nell’effettivo non significano nulla.
Quando si alzarono per la prima volta nel 2001 le accuse di omofobia nei suoi confronti, a difenderlo furono subito Sir. Elton John (carissimo amico di Marshall da ormai più di vent’anni) e Sir. Paul McCartney, il quale dichiarò che il rapper sotto molti punti di vista gli ricordava Freddie Mercury, che addirittura alcune sue canzoni gli piacevano e se fosse stato giovane sarebbe stato un suo fan sfegatato in quanto gli piacevano il suo stile, il suo atteggiamento e il suo modo di pensare.
- Nel 2003, a seguito di alcune minacce fatte al presidente in carica George W. Bush all’interno della canzone “We As Americans”, i Servizi Segreti Americani iniziarono a tenere d’occhio Eminem, che fu interrogato nel 2018 per aver minacciato Donald Trump e sua figlia Ivanka Trump durante un concerto.


Insomma, abbiamo capito che Marshall non è di certo uno dei personaggi più amati all’interno dello showbiz… dal pubblico, però, sì, che oltre a considerarlo il Dio del rap e venerarlo come tale, si è sinceramente affezionato al suo personaggio.
Il che, abbiamo pensato, è strano: insomma, i personaggi pubblici vengono sottoposti alla gogna mediatica tutti i giorni per il minimo errore, eppure lui no, perché? La risposta sta nella sua coerenza della maschera che ha sempre deciso di mostrare e per una volta a nessuno importa quanto lui possa o non possa essere una bella persona.
Marshall è nel panorama rap da circa trentasei anni e fin da subito ha detto in modo forte e chiaro: “Ho un’infanzia difficile, voglio dare libero sfogo alla violenza che ho dentro, sbattervi in faccia i problemi che vedo nella società e voglio farlo come lo dico io. Se vi sta bene siete i benvenuti, in caso contrario sapete dov’è la porta”.
L’ha detto ed è rimasto coerente con se stesso senza guardare in faccia nessuno.
Questa è una cosa che non succede quasi mai.

“Will Smith don't gotta cuss in his raps to sell records
well I do, so fuck him and fuck you too
you think I give a damn about a Grammy?
Half of you critics can’t even stomach me, let alone stand me
(Will Smith non impreca nei suoi rap per vendere dischi
beh io sì quindi vaffanculo a lui e vaffanculo anche a te
pensi che me ne freghi qualcosa di un Grammy?
La metà di voi critici non riesce nemmeno a guardarmi in faccia, figuriamoci sopportarmi)”


P.S: sì all'interno dell’articolo lo chiamiamo con il suo nome d’arte solo due volte perché dire che non ama essere chiamato “Eminem” è un eufemismo.
È Marshall, o al massimo Mr. Mathers.

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