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mercoledì 15 gennaio 2025

#TheBeatles: Come i Beatles hanno (re)inventato la cultura pop

Dei Beatles che hanno influenzato e cambiato la società ne abbiamo già parlato anni fa. Oggi ci prendiamo una pausa dai brani per vedere come hanno inventato – o meglio, reinventato – la cultura pop.


Gli appassionati di musica lo sanno bene: esiste la musica prima e dopo i Beatles; la band di Liverpool è un vero e proprio spartiacque tra tutto quello che c’era prima e dopo di loro e ancora oggi nessun artista ha saputo fare altrettanto.

Se queste parole possono sembrare un’esagerazione, vediamo di fare un po’ di chiarezza spiegandole in questo articolo… 

Cosa fa di una band, o di un artista in generale, un’icona a livello mondiale?

È una domanda che mi sono sempre posta, fin da bambina, quando mi perdevo nelle note degli artisti nostrani, sviluppando un vero e proprio amore nei confronti di Lucio Battisti, Marco Masini, Samuele Bersani
Quando alle scuole medie ho incontrato i Beatles mi sono data una risposta: il proprio modo di essere e di esprimersi.
Siamo tutti capaci di avere le nostre opinioni e saperle condividere, quasi tutti siamo in grado di metterle nella forma d’arte che conosciamo ma davvero in pochi sanno rendere questa arte semplice, di facile accesso, tanto da risultare moderna anche dopo sessantacinque anni o più. Con trentaquattro milioni di ascoltatori mensili su Spotify, e con la fascia 18-24 anni al 30%, i Beatles si confermano una band che continua a essere riconosciuta anche tra i più giovani anche se gli attuali membri viventi hanno superato gli ottant’anni. Non è musica da vecchi, insomma.
I testi sono semplici, diretti, anche i più criptici ci fanno cambiare il senso a seconda del momento che stiamo vivendo. La loro musica è viva, dinamica, riesce a catturare l’attenzione, anche dei più piccoli se consideriamo che “Yellow Submarine” o “All Together Now” vengono insegnate ai bambini nella fascia compresa dagli zero ai tre anni.

Musica innovativa

Abbiamo parlato dei testi, ma anche la musica non è da meno. Certo, i figli del Duemila non troveranno più di tanto innovativi i suoni ascoltati nei brani, ma al momento della loro uscita erano qualcosa di eccezionale. Anche se alcuni artisti di nicchia avevano già pensato a utilizzare la nascente tecnologia sonora degli anni Sessanta, i Beatles hanno saputo lavorarci normalizzandola, facendola loro.
Revolver è stato il loro modo di sperimentare, dando al mondo brani come “Eleonor Rigby” (con l’aggiunta dei violini al rock che crea un’atmosfera più dark, vittoriana al tema cimiteriale), “Taxman” e l’idea di una tecnologia che permea tutta la nostra vita, la già citata “Yellow Submarine” con rumori e suoni tipici di un sottomarino e l’idea di una band esterna ai quattro che canta e suona… e chissà cosa hanno pensato i primi ascoltatori di “Tomorrow Never Knows”.
Insomma, in questo album del 1966 i Beatles cambiano totalmente dimostrandosi artisti che sanno fare più di qualche canzonetta o cover. Lasciano tutti col fiato sospeso ed è incredibile come la loro prima prova sia da preludio in altri album quali: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band uscito l’anno seguente (dopo i singoli di tutto rispetto “Strawberry Fields Forever” e “I’m the Walrus”) che credo segni il momento ufficiale del prima e dopo Beatles. Suoni orchestrali in una band rock, brani riprodotti al contrario, suoni esterni – come il canto del gallo, o la sveglia… – non ancora trentenni i Beatles hanno mescolato tutte le carte e posto nuove condizioni alla musica pubblicando “A Day in the Life”, brano che attende ancora di essere spodestato.
C’è del genio, se pensiamo che a farlo sono stati quattro ragazzi di Liverpool che non sapevano riconoscere neanche una nota scritta nello spartito…

Stile e moda

Non serve essere fan ossessionati: basta vedere una foto di uno dei componenti per capire in quale anno – più o meno – sono state scattate. Dalle primissime apparizioni in giacca e cravatta, ai capelli, baffi e barba – tutto rigorosamente lungo – e con i toni sempre più accesi del post Sgt. Pepper’s, i Beatles hanno accompagnato gli adolescenti del tempo nel cammino verso i pantaloni a zampa di elefante, i fiori in testa, gli abiti colorati, larghi e comodi ispirando tutta quello che il decennio successivo avrebbe riconosciuto poi come “cultura hippie”.
Ancora oggi, tutti i brand che vogliono lanciare moda ispirandosi agli anni ’60 passano per gli outfits beatlesiani, pensiamo per esempio ai grandi fiocchi e foulard amati negli anni Ottanta-Novanta ma ancora prima da George Harrison

La sperimentazione di un nuovo genere cinematografico e gli albori di MTV

A Hard Day’s Night”, “Help!”, “Magical Mistery Tour” e “Yellow Submarine” sono i quattro film dei Beatles. Nulla di nuovo, per l’epoca era normale che gli artisti più popolari approdassero anche al cinema o alla televisione, ma con i Beatles si apre lo scenario verso un modo tutto nuovo di fare film. I primi due ironici e satirici, gli ultimi due più psichedelici hanno tutti in comune il nonsense all’epoca di molto criticato ma che adesso va alla grande, tant’è che queste quattro pellicole sono state del tutto rivalutate.
Va detto, poi, che mentre i loro colleghi erano impegnati in pellicole esterne alla loro musica – lo stesso hanno fatto comunque John Lennon e Ringo Starr partecipando a film – in tutti e quattro i Beatles fanno semplicemente i Beatles, rimarcando quelle che sono le loro qualità, enfatizzando i loro caratteri e dando un tocco di surrealismo alla loro già fantastica vita.
Con due album all’anno e i concerti, poi, i Beatles hanno dovuto prendere una decisione molto importante: se volevano continuare con la musica dovevano evitare il più possibile le apparizioni live. Così nel 1966 decidono di pubblicizzare “Rain” e “Paperback Writer” con video narrativi. Alzano il livello l’anno seguente con “Strawberry Fields Forever” e “Penny Lane”, dando al video anche la loro amata componente surrealista, quasi onirica che poteva indicare un’altra chiave di lettura del brano.

Quando nel 1981 è stato lanciato MTV, la compagnia di trasmissione musicale decise proprio di seguire questa linea di pensiero beatlesiana, trasformandosi in quella che è tuttora l’industria musicale. Madonna, i Queen, Lady Gaga… tutti gli artisti arrivati dopo non sarebbero di certo esistiti come li conosciamo noi senza le idee visionare dei Beatles.

Lavoro di squadra e divertimento


I Beatles amavano divertirsi. E lo può confermare chiunque abbia avuto la fortuna di lavorare con loro. Non vi erano rivalità di leadership o talento: tutti davano il loro contributo, tutti apparivano allo stesso modo. Il timido George Harrison ha saputo poi dare capolavori al gruppo, come “Something”, “While my guitar gently weeps”, “Here Comes the Sun”… per non parlare degli assolo di ognuno di loro.
Certo, come ogni gruppo lavorativo e di amici hanno avuto i loro piccoli screzi, ma se fino al docufilm Get Back si pensava che fossero stati questi a portarli alla rottura, ora sappiamo che li affrontavano comunque parlando, comunicando e lasciando telecamere, giornalisti ed esterni all’oscuro.
I Beatles si sono sciolti perché dovevano crescere, camminare soli, ma è per quello che è stato che non crederò mai alla storia della totale rottura tra di loro, soprattutto McLennon, trovandola più come una trovata pubblicitaria. Siete d’accordo con me?

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