“A volte non sei perso: ti stai solo ascoltando per la prima volta”.
Inizio con Sailor Moon: Usagi Tsukino è la leader del gruppo, un tempo la principessa Serenity, la comandante delle guerriere Sailor, eppure è la più fragile ed emotiva di tutte. Si sente spesso sola, diversa, e per tutto questo piange senza vergogna anche di fronte ai suoi amici. Da qui il primo passo: accettare la propria emotività. Con Sailor Moon ho imparato che piangere, dire ciò che non va non è da deboli, ma anzi ci aiuta a non dipendere emotivamente da nessuno.
Con Yu-Gi-Oh incontriamo Yugi, un ragazzo introverso, bullizzato, che trascorre il suo tempo da solo. Con questo anime ho imparato che l’isolamento non è sempre un male. È così, infatti, che Yugi scopre la connessione con se stesso, il suo doppio interiore e porta in superficie un coraggio che non sapeva neanche di avere.
Con Dragon Ball, oltre ad aver fatto le più grandi corse della mia vita, mi sono imbattuta nel fatto che la solitudine serve spesso per scoprire la propria identità. Inizialmente Goku non sa chi è, arriva sulla Terra da solo, lontano da un passato che non ricorda. Sa solo di avere una forza sovrumana ma a che serve questa se non sappiamo come utilizzarla? E per impararlo Goku si ferma. Rimane in silenzio con se stesso. È solo ascoltando il silenzio che possiamo poi capire noi stessi e il mondo.
Ma il più grande esempio viene proprio da Naruto Uzumaki: cresce escluso da tutti, con un demone dentro. Corre, urla, si arrabbia, ma è proprio con la solitudine che inizia il suo cammino fino al riconoscere il suo più grande valore: se stesso. La solitudine per lui non è solo una ferita, ma una maestra, ci mostra quello che ci manca, come diventare quello che siamo ed è ascoltandola che tesse le sue relazioni migliori.
Piccolo paragrafetto meme: il campo vuoto e infinito di Holly e Benji. Quanti pomeriggi passati a vedere se un tiro diventa gol. Quanti silenzi ad ascoltare i pipponi dei giocatori che durante la partita analizzano tutta la loro breve vita. E pensiero dopo pensiero, Holly e Benji – ma anche tutti gli altri – confermano quanto il calcio sia la loro unica vocazione. Così è nella solitudine che possiamo trovare la scintilla che ci ha portato a vivere su questo pianeta.
Ciò che amo degli anime è che sfuggono al politicamente corretto, al positivismo tossico che ci vuole sempre felici e sorridenti non dandoci facili vie d’uscita per le emozioni negative, ma anzi, ci invitano ad abbracciarle, ascoltarle, per guardarle con occhi diversi. Non sono mai un castigo, ma porte di passaggio verso una migliore versione di noi stessi, così da riconoscere che quando ci sentiamo persi o soli forse stiamo solo evolvendo.
Quante volte ci siamo sentiti come spaesati? Quante volte abbiamo avuto come l’impressione di aver corso così tanto da non riuscire più a capire dove siamo, chi siamo, perché stiamo correndo?
Credo che la fonte primaria della profondità di certi pensieri che mi faccio derivi proprio dagli anime, soprattutto più quelli della mia generazione, con personaggi dai drammi più assurdi, che nella vita hanno dovuto affrontare così tanti ostacoli che nessuno più di loro mi ha insegnato come superarli.
Sì, perché se ai tempi ci si ostinava a chiamarli solo “cartoni animati giapponesi”, rilegandoli a un immaginario che andava bene solo per i bambini, nella realtà dei fatti i loro temi riflettevano moltissimo sull’introspezione, l’alienazione e il ricercare continuamente il senso della vita.
Vediamo oggi quali personaggi hanno avuto a che fare con il senso della solitudine, non più come qualcosa che può fare paura, ma un luogo di rifugio. Cercherò poi di capire come i più grandi personaggi degli anime dei miei tempi hanno influenzato il mio rapporto con il senso della solitudine.
Credo che la fonte primaria della profondità di certi pensieri che mi faccio derivi proprio dagli anime, soprattutto più quelli della mia generazione, con personaggi dai drammi più assurdi, che nella vita hanno dovuto affrontare così tanti ostacoli che nessuno più di loro mi ha insegnato come superarli.
Sì, perché se ai tempi ci si ostinava a chiamarli solo “cartoni animati giapponesi”, rilegandoli a un immaginario che andava bene solo per i bambini, nella realtà dei fatti i loro temi riflettevano moltissimo sull’introspezione, l’alienazione e il ricercare continuamente il senso della vita.
Vediamo oggi quali personaggi hanno avuto a che fare con il senso della solitudine, non più come qualcosa che può fare paura, ma un luogo di rifugio. Cercherò poi di capire come i più grandi personaggi degli anime dei miei tempi hanno influenzato il mio rapporto con il senso della solitudine.
Inizio con Sailor Moon: Usagi Tsukino è la leader del gruppo, un tempo la principessa Serenity, la comandante delle guerriere Sailor, eppure è la più fragile ed emotiva di tutte. Si sente spesso sola, diversa, e per tutto questo piange senza vergogna anche di fronte ai suoi amici. Da qui il primo passo: accettare la propria emotività. Con Sailor Moon ho imparato che piangere, dire ciò che non va non è da deboli, ma anzi ci aiuta a non dipendere emotivamente da nessuno.
Con Yu-Gi-Oh incontriamo Yugi, un ragazzo introverso, bullizzato, che trascorre il suo tempo da solo. Con questo anime ho imparato che l’isolamento non è sempre un male. È così, infatti, che Yugi scopre la connessione con se stesso, il suo doppio interiore e porta in superficie un coraggio che non sapeva neanche di avere.
Con Dragon Ball, oltre ad aver fatto le più grandi corse della mia vita, mi sono imbattuta nel fatto che la solitudine serve spesso per scoprire la propria identità. Inizialmente Goku non sa chi è, arriva sulla Terra da solo, lontano da un passato che non ricorda. Sa solo di avere una forza sovrumana ma a che serve questa se non sappiamo come utilizzarla? E per impararlo Goku si ferma. Rimane in silenzio con se stesso. È solo ascoltando il silenzio che possiamo poi capire noi stessi e il mondo.
Ma il più grande esempio viene proprio da Naruto Uzumaki: cresce escluso da tutti, con un demone dentro. Corre, urla, si arrabbia, ma è proprio con la solitudine che inizia il suo cammino fino al riconoscere il suo più grande valore: se stesso. La solitudine per lui non è solo una ferita, ma una maestra, ci mostra quello che ci manca, come diventare quello che siamo ed è ascoltandola che tesse le sue relazioni migliori.
Piccolo paragrafetto meme: il campo vuoto e infinito di Holly e Benji. Quanti pomeriggi passati a vedere se un tiro diventa gol. Quanti silenzi ad ascoltare i pipponi dei giocatori che durante la partita analizzano tutta la loro breve vita. E pensiero dopo pensiero, Holly e Benji – ma anche tutti gli altri – confermano quanto il calcio sia la loro unica vocazione. Così è nella solitudine che possiamo trovare la scintilla che ci ha portato a vivere su questo pianeta.
Ciò che amo degli anime è che sfuggono al politicamente corretto, al positivismo tossico che ci vuole sempre felici e sorridenti non dandoci facili vie d’uscita per le emozioni negative, ma anzi, ci invitano ad abbracciarle, ascoltarle, per guardarle con occhi diversi. Non sono mai un castigo, ma porte di passaggio verso una migliore versione di noi stessi, così da riconoscere che quando ci sentiamo persi o soli forse stiamo solo evolvendo.
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