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venerdì 12 dicembre 2025

#Pensieri: Quando le parole non bastano

Ogni artista ha il suo più grande demone: il blocco creativo. Ci sono giorni in cui riusciamo a immergerci totalmente nell’arte, altri in cui ci sentiamo come se il talento ci avesse abbandonato. Vale per tutti, nessuno escluso. Questo può durare giorni, mesi, ore, addirittura anni ma ogni artista sa che prima o poi il blocco arriva.


Nel mio caso si tratta della temuta pagina bianca. Solitamente mi basta davvero poco per riempirla, in una giornata posso aver scritto più di quattro articoli o un capitolo di un nuovo libro, eppure anche io vivo momenti nell’anno in cui mi pesa mentalmente, quasi fisicamente, l’idea di mettermi a scrivere.

Questo blocco lo avverto come una colpa. Mi fa sentire sbagliata, inutile, totalmente incapace di fare persino ciò che in teoria mi verrebbe naturale. Per uscire da queste emozioni negative mi sono a lungo interrogata, ribaltando un pochino la situazione: e se il blocco creativo fosse parte del processo? Se arrivasse come un’intenzione specifica e in assoluta armonia con la mia ispirazione?
  
Proviamo a paragonare la pagina bianca, o l’assenza di una qualsiasi opera, come un recipiente vuoto. Cos’è davvero il vuoto? Anche se non riusciamo a vedere qualcosa, non è detto che non ci sia. È un po’ la mia risposta alla domanda: “Come vedi il bicchiere, mezzo vuoto o mezzo pieno?” perché in effetti il bicchiere è sempre pieno. Metà d’acqua, metà di aria, ma è pieno.
Così allo stesso modo la pagina bianca non è davvero bianca. Forse la pesantezza che avverto è solo la mia mente, o la mia anima, che mi invita alla riflessione, che non è più tempo di scrivere, di creare o di far galoppare la fantasia, ma solo di osservare, contemplare, essere presenti al momento per prestare attenzione a quello che ancora non si percepisce.

Anche se può sembrare una perdita tempo, ho imparato che lasciare che sia, prendere quelle giornate come una pausa dal lavoro è praticare la fiducia verso quello che non si conosce
. È un po’ il senso dell’inverno: una pianta non smette di esistere solo perché il seme è ancora sotto la terra, al caldo, a rafforzarsi. Il contadino non va a controllare ogni giorno, scavando, per vedere se quel seme è ancora lì e se anche lo facesse, la futura pianta morirebbe. Allo stesso modo se mi obbligassi a scrivere anche senza voglia, il senso di quello che avrei voluto (o dovuto) scrivere, la storia di per sé, le emozioni che ne sarebbero scaturite, cesserebbero di esistere.


Come dico spesso, la vera saggezza è riconoscere quando parlare e quando stare in silenzio, così ho imparato che, soprattutto quando scrivo un libro, non sono io a cercare le parole, la storia o i personaggi: sono tutti loro a venire da me. Così il blocco e il suo fidato amico silenzio, sono solo un modo per farmi trovare a casa nel momento in cui tutti loro busseranno alla mia porta, e io potrò accoglierli dando loro la vita che meritano. Diventano come ospiti sacri e allora va da sé che quel blocco è solo la soglia di una porta che deve essere aperta.

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