Contenuta nell’album capolavoro che è Sgt. Pepper’s (1967), “Fixing a Hole” è una delle canzoni rock psichedeliche più controverse di sempre.
Qui per il testo completo.
Paul ha sempre parlato di un grande buco nero nella sua mente che si riempie solo con i suoni, e dopo ore che passa a strimpellare cercando di riempire quel contenitore, ecco che arriva il brano giusto. Lo associa a un piccolo miracolo, un suo modo di aggiustare questo buco che da nero si riempie a mano a mano di colori, o che fa entrare uno spiraglio di luce.
Ora possiamo vedere quel buco come il suo inconscio, che lascia uscire ed entrare le note – non è un caso che molte delle melodie per brani di Paul a lui siano arrivati mentre dormiva, come nel caso di “Yesterday” – ma da dove può nascere davvero questa idea del buco?
Paul dice che è nata la prima volta che ha preso LSD, insieme a John. Non l’ha cambiato molto, ma ha avuto subito questa immagine di un buco blu, soprattutto quando chiudeva gli occhi ed era tutto nero attorno a lui. Sapeva che quel buco chiedeva di essere rattoppato, perché se avesse potuto guardarci dentro, avrebbe trovato risposte che forse non voleva sapere.
Nel resto del brano effettivamente si parla di lavoretti di casa, di quelli classici come riparare un buco dal tetto, da cui entra pioggia o una crepa su di una porta. Ma nel ritornello Paul dice che non gli importa sapere se ha ragione o torto, perché nel luogo a cui appartiene è nel giusto, quindi possiamo vedere quelle crepe come qualcosa di più metafisico. Poi parla anche di tante persone che gli stanno dietro la porta che lui non lascia entrare, probabilmente i fan ossessivi, o gli amici che vogliono avvicinarsi solo per interesse.
Paul, che nel ruolo di leader non ha mai tenuto per sé i conflitti, forse in quel contesto si sentiva diviso tra la cosa giusta da dire e la paura di ferire qualcuno, facendola così diventare sbagliata (te capisco, Paul). La cosa che più amo del rock psichedelico è proprio la possibilità di dare infinite spiegazioni a un unico brano, per quanto semplice possa sembrare a un primo ascolto.
Scritta da Paul McCartney – ma al solito accreditata Lennon/McCartney – il brano ha avuto fin da subito le sue chiacchiere: ai tempi si pensava fosse dedicata all’uso dell’eroina, per la presa letterale del titolo che se guardiamo all’inglese, nella sua traduzione italiana viene: “Riparando un buco”, ma nello slang diventa “bucarsi”.
Paul ha sempre negato questa teoria, ricordando ancora oggi che se si doveva parlare di droga, per lui e per quei tempi era solo la marijuana, che al massimo gli toglieva qualche stress e lo aiutava a trascorrere del tempo quando stava nella sua nuova casa, in solitudine.
Così a lungo è stato intrepretato secondo la passione di Paul: quella di dedicarsi ai lavori domestici e aggiustare cose, appunto. Ma è davvero così? Vediamolo insieme.
Paul ha sempre negato questa teoria, ricordando ancora oggi che se si doveva parlare di droga, per lui e per quei tempi era solo la marijuana, che al massimo gli toglieva qualche stress e lo aiutava a trascorrere del tempo quando stava nella sua nuova casa, in solitudine.
Così a lungo è stato intrepretato secondo la passione di Paul: quella di dedicarsi ai lavori domestici e aggiustare cose, appunto. Ma è davvero così? Vediamolo insieme.
I’m fixing a hole where the reain gets in
(Sto riparando un buco da cui entra la pioggia)
And stops my mind from wandering
(E impedisce all amia mente di vagare)
Where it will go
(Ovunque andrà)
(Sto riparando un buco da cui entra la pioggia)
And stops my mind from wandering
(E impedisce all amia mente di vagare)
Where it will go
(Ovunque andrà)
Qui per il testo completo.
Paul ha sempre parlato di un grande buco nero nella sua mente che si riempie solo con i suoni, e dopo ore che passa a strimpellare cercando di riempire quel contenitore, ecco che arriva il brano giusto. Lo associa a un piccolo miracolo, un suo modo di aggiustare questo buco che da nero si riempie a mano a mano di colori, o che fa entrare uno spiraglio di luce.
Ora possiamo vedere quel buco come il suo inconscio, che lascia uscire ed entrare le note – non è un caso che molte delle melodie per brani di Paul a lui siano arrivati mentre dormiva, come nel caso di “Yesterday” – ma da dove può nascere davvero questa idea del buco?
Paul dice che è nata la prima volta che ha preso LSD, insieme a John. Non l’ha cambiato molto, ma ha avuto subito questa immagine di un buco blu, soprattutto quando chiudeva gli occhi ed era tutto nero attorno a lui. Sapeva che quel buco chiedeva di essere rattoppato, perché se avesse potuto guardarci dentro, avrebbe trovato risposte che forse non voleva sapere.
Nel resto del brano effettivamente si parla di lavoretti di casa, di quelli classici come riparare un buco dal tetto, da cui entra pioggia o una crepa su di una porta. Ma nel ritornello Paul dice che non gli importa sapere se ha ragione o torto, perché nel luogo a cui appartiene è nel giusto, quindi possiamo vedere quelle crepe come qualcosa di più metafisico. Poi parla anche di tante persone che gli stanno dietro la porta che lui non lascia entrare, probabilmente i fan ossessivi, o gli amici che vogliono avvicinarsi solo per interesse.
Paul, che nel ruolo di leader non ha mai tenuto per sé i conflitti, forse in quel contesto si sentiva diviso tra la cosa giusta da dire e la paura di ferire qualcuno, facendola così diventare sbagliata (te capisco, Paul). La cosa che più amo del rock psichedelico è proprio la possibilità di dare infinite spiegazioni a un unico brano, per quanto semplice possa sembrare a un primo ascolto.
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