Viviamo in una realtà simulata?
Parliamoci chiaramente: tutti noi ce lo siamo chiesti almeno una volta, soprattutto se amanti dei giochi di simulazione, come The Sims, con i simmini che ogni tanto si sentono come se qualcuno li controllasse.
A giudicare dai video su TikTok o YouTube, sembra che anche la scienza se lo sia chiesto, trovando risposte nella fisica quantistica. Ma è davvero così?
Cerchiamo di vederlo insieme in questo breve articolo. Breve perché l’argomento meriterebbe interi trattati, quindi cerchiamo di rimanere sulla superficie.
Sembrerà strano ma questa domanda sorge millenni prima dell’avvento della tecnologia e le sue realtà simulate.
Nel suo Teeteto, per esempio, Platone si chiedeva: se i sogni appaiono altrettanto “veri” della veglia mentre li viviamo, chi ci garantisce che la veglia stessa non sia una forma di sogno?
In una concezione e in una quotidianità dove il sogno era l’unico elemento che poteva sembrare “simulato”, è da lui che dobbiamo partire per cercare di rispondere.
Aristotele, d’altro canto, nell’opera “De Anima” lo spiega bene: sogno e realtà non possono essere uguali, perché nei primi manca la coerenza e il controllo che caratterizza la veglia. Ma, il grande ma della filosofia, riconosce che senza dubbio la realtà che noi viviamo è soggettiva, quindi quanto può essere effettivamente stabile?
Torniamo a Platone per rispondere meglio a questa domanda, con il suo Mito della Caverna. Stiamo nel Libro VII della Repubblica e Platone presenta uno dei pochissimi miti che personalmente mi mette sempre i brividi: un gruppo di prigionieri vive in una caverna, vedendo continuamente ombre proiettate sul muro e con il passare del tempo le scambia per l’unica possibile realtà. Solo uno di loro riesce a liberarsi e a uscirne fuori, scoprendo il mondo reale e rendendosi conto di aver vissuto a lungo nell’illusione. Chi ci assicura, insomma, che ciò che vediamo, seppur solido, tangibile, coerente è davvero reale?
Nella Cina del IV secolo a.C. un filosofo taoista, Zhuangzi, dopo un sogno, si fece una domanda a cui è effettivamente impossibile dare una risposta certa: sognò di essere una farfalla e di volare tranquillamente senza alcuna consapevolezza della natura umana. Al suo risveglio si chiese: “Sono io, Zhuangzi, che ha sognato di essere una farfalla, o sono una farfalla che ora sogna di essere Zhuangzi?”
Uscendo dallo schema prestabilito, vediamo come mettere in dubbio la realtà sia effettivamente facile, così come è difficile darne prove certe. La realtà è fatta di tempo, ma anch’esso è relativo, ma soprattutto il suo trascorrere altro non è che un’illusione, esattamente come lo sono i colori, i suoni e tutto ciò che è la materia.
Che tutto sia un’illusione è sempre stato chiaro nelle tradizioni indiane, come il Vedanta: la maya è un velo dell’illusione che oscura la vera natura della realtà. Tutto ciò che noi vediamo e viviamo è solo la percezione che ne vogliamo dare noi e alla verità si arriva solo con una profonda conoscenza spirituale.
Anche per Schopenhauer, nell’opera “Il mondo come volontà e rappresentazione” (1818) il mondo percepito è solo una rappresentazione soggettiva, con lo stesso velo ripreso dalla filosofia indiana che nasconde la vera essenza della realtà.
In epoca moderna, più precisamente nel 1641, Cartesio nel suo “Meditationes de Prima Philosophia”, si approccia a un genio maligno che manipola la realtà facendoti credere che quello che vedi sia reale. Un po’ come i jiin del folklore nel mondo arabo.
Cartesio mette in dubbio il suo corpo, i suoi sensi, come tutto potrebbe essere stato manipolato da un’entità ingannatrice, concludendo alla fine: “Cogito, ergo sum”, “Penso, dunque sono”, sua unica certezza. Se è vero che esiste questo demone che inganna l’uomo sul concetto di realtà, allora si dà per vero che l’uomo esiste, c’è, è cosa certa; in caso contrario il demone non avrebbe motivo di esistere.
Per il filosofo e teologo irlandese George Berkeley (1685-1753) il tutto è confinato nella mente: percepiamo il mondo, quindi la realtà attraverso di essa, di conseguenza il mondo materiale non dipende da sé, ma dalla nostra percezione.
È con lui che ci rapportiamo per primi a un concetto di realtà simulata per come la intendiamo noi; immaginiamo proprio il mondo di The Sims: io creo un personaggio che poi metto in Galleria, così altri giocatori in tutto il mondo possono scaricarlo e metterlo nel loro scenario. Se tutti noi iniziassimo una partita da zero con questo personaggio e se lui avesse una sua coscienza esattamente come l’abbiamo noi, incontrerebbe i personaggi fissi del gioco (le sorelle Caliente, Don Lotario, quel bonazzo di Salim Benali…) ma la sua realtà cambierebbe a seconda dei giocatori e delle loro scelte. Quindi chi può dire quale sia la sua realtà reale?
La scienza è andata avanti e il fatto che la realtà non sia oggettiva lo dimostrano le varie illusioni ottiche, così come le scoperte sulla luce e il suono che hanno mostrato quanto sia estremamente facile ingannare il cervello. L’organo a lungo associato all’intelligenza, è davvero intelligente o è più simile a una macchina che percepisce quello che lo circonda attraverso i sensi?
E qui arriva il XX secolo, con la sua fisica quantistica. Nei primi del Novecento nella capitale danese i fisici Niels Bohr e Werner Heisenberg svolgono numerosi studi ed esperimenti sulla teoria della misurazione quantistica, venendo all’interpretazione di Copenghagen: la realtà potrebbe essere influenzata dall’osservazione.
Ma chi è questo osservatore? Noi che la viviamo, o qualcuno dall’alto che ci guida?
È proprio la domanda che si è posta la cultura pop, con il celebre film del 1999 Matrix: l’umanità vive inconsapevolmente in una simulazione, così da rimanere sempre sotto controllo.
Arriviamo poi al 2003, quando il filosofo svedese Nick Bostrom stila tre affermazioni, dove almeno una delle quali deve essere vera:
1) È improbabile che una civiltà avanzata raggiunga il livello tecnologico necessario per creare simulazioni del genere;
2) Anche se una civiltà avanzata raggiungesse tale livello, non avrebbe interesse a creare simulazioni;
3) È altamente probabile che stiamo vivendo in una simulazione.
Se l’affermazione vera è la prima, non abbiamo di che da preoccuparci; se è la seconda, perché mai non avrebbe interesse? Dopotutto potrebbe essere un semplice “gioco”, proprio come lo è per noi The Sims (o GTA, o qualsiasi altro gioco di realtà simulata); se dovesse essere la terza… beh, anche in caso esistessero infiniti universi paralleli, il fatto che non abbiamo una tecnologia in grado di creare un universo da controllare testimonierebbe il fatto che è altamente possibile che siamo noi quelli controllati.
Ovviamente tutto ciò non può essere considerato teorie, sia perché sono solo domande, senza alcuna prova, sia per il famoso “Occam’s Razor”: la spiegazione più semplice è spesso quella corretta, o almeno così tendiamo a credere. Accettare che la realtà è semplicemente la realtà, è sicuramente la scelta più semplice, dunque la più probabile.
Certo che anche in caso contrario, spunterebbero fuori diversi dubbi: se viviamo in una simulazione, che fine fa il concetto di libero arbitrio? Qual è lo scopo di questa simulazione? Chi l’ha creata? E perché?
Realtà o simulazione, io credo che non sia troppo importante ai fini del nostro vivere quotidiano. Ma credo sia fondamentale cominciare a porsi certe domande, perché è bene mantenere la mente attiva e curiosa verso l’ignoto.
Parliamoci chiaramente: tutti noi ce lo siamo chiesti almeno una volta, soprattutto se amanti dei giochi di simulazione, come The Sims, con i simmini che ogni tanto si sentono come se qualcuno li controllasse.
A giudicare dai video su TikTok o YouTube, sembra che anche la scienza se lo sia chiesto, trovando risposte nella fisica quantistica. Ma è davvero così?
Cerchiamo di vederlo insieme in questo breve articolo. Breve perché l’argomento meriterebbe interi trattati, quindi cerchiamo di rimanere sulla superficie.
Sembrerà strano ma questa domanda sorge millenni prima dell’avvento della tecnologia e le sue realtà simulate.
Nel suo Teeteto, per esempio, Platone si chiedeva: se i sogni appaiono altrettanto “veri” della veglia mentre li viviamo, chi ci garantisce che la veglia stessa non sia una forma di sogno?
In una concezione e in una quotidianità dove il sogno era l’unico elemento che poteva sembrare “simulato”, è da lui che dobbiamo partire per cercare di rispondere.
Aristotele, d’altro canto, nell’opera “De Anima” lo spiega bene: sogno e realtà non possono essere uguali, perché nei primi manca la coerenza e il controllo che caratterizza la veglia. Ma, il grande ma della filosofia, riconosce che senza dubbio la realtà che noi viviamo è soggettiva, quindi quanto può essere effettivamente stabile?
Torniamo a Platone per rispondere meglio a questa domanda, con il suo Mito della Caverna. Stiamo nel Libro VII della Repubblica e Platone presenta uno dei pochissimi miti che personalmente mi mette sempre i brividi: un gruppo di prigionieri vive in una caverna, vedendo continuamente ombre proiettate sul muro e con il passare del tempo le scambia per l’unica possibile realtà. Solo uno di loro riesce a liberarsi e a uscirne fuori, scoprendo il mondo reale e rendendosi conto di aver vissuto a lungo nell’illusione. Chi ci assicura, insomma, che ciò che vediamo, seppur solido, tangibile, coerente è davvero reale?
Nella Cina del IV secolo a.C. un filosofo taoista, Zhuangzi, dopo un sogno, si fece una domanda a cui è effettivamente impossibile dare una risposta certa: sognò di essere una farfalla e di volare tranquillamente senza alcuna consapevolezza della natura umana. Al suo risveglio si chiese: “Sono io, Zhuangzi, che ha sognato di essere una farfalla, o sono una farfalla che ora sogna di essere Zhuangzi?”
Uscendo dallo schema prestabilito, vediamo come mettere in dubbio la realtà sia effettivamente facile, così come è difficile darne prove certe. La realtà è fatta di tempo, ma anch’esso è relativo, ma soprattutto il suo trascorrere altro non è che un’illusione, esattamente come lo sono i colori, i suoni e tutto ciò che è la materia.
Che tutto sia un’illusione è sempre stato chiaro nelle tradizioni indiane, come il Vedanta: la maya è un velo dell’illusione che oscura la vera natura della realtà. Tutto ciò che noi vediamo e viviamo è solo la percezione che ne vogliamo dare noi e alla verità si arriva solo con una profonda conoscenza spirituale.
Anche per Schopenhauer, nell’opera “Il mondo come volontà e rappresentazione” (1818) il mondo percepito è solo una rappresentazione soggettiva, con lo stesso velo ripreso dalla filosofia indiana che nasconde la vera essenza della realtà.
In epoca moderna, più precisamente nel 1641, Cartesio nel suo “Meditationes de Prima Philosophia”, si approccia a un genio maligno che manipola la realtà facendoti credere che quello che vedi sia reale. Un po’ come i jiin del folklore nel mondo arabo.
Cartesio mette in dubbio il suo corpo, i suoi sensi, come tutto potrebbe essere stato manipolato da un’entità ingannatrice, concludendo alla fine: “Cogito, ergo sum”, “Penso, dunque sono”, sua unica certezza. Se è vero che esiste questo demone che inganna l’uomo sul concetto di realtà, allora si dà per vero che l’uomo esiste, c’è, è cosa certa; in caso contrario il demone non avrebbe motivo di esistere.
Per il filosofo e teologo irlandese George Berkeley (1685-1753) il tutto è confinato nella mente: percepiamo il mondo, quindi la realtà attraverso di essa, di conseguenza il mondo materiale non dipende da sé, ma dalla nostra percezione.
È con lui che ci rapportiamo per primi a un concetto di realtà simulata per come la intendiamo noi; immaginiamo proprio il mondo di The Sims: io creo un personaggio che poi metto in Galleria, così altri giocatori in tutto il mondo possono scaricarlo e metterlo nel loro scenario. Se tutti noi iniziassimo una partita da zero con questo personaggio e se lui avesse una sua coscienza esattamente come l’abbiamo noi, incontrerebbe i personaggi fissi del gioco (le sorelle Caliente, Don Lotario, quel bonazzo di Salim Benali…) ma la sua realtà cambierebbe a seconda dei giocatori e delle loro scelte. Quindi chi può dire quale sia la sua realtà reale?
La scienza è andata avanti e il fatto che la realtà non sia oggettiva lo dimostrano le varie illusioni ottiche, così come le scoperte sulla luce e il suono che hanno mostrato quanto sia estremamente facile ingannare il cervello. L’organo a lungo associato all’intelligenza, è davvero intelligente o è più simile a una macchina che percepisce quello che lo circonda attraverso i sensi?
E qui arriva il XX secolo, con la sua fisica quantistica. Nei primi del Novecento nella capitale danese i fisici Niels Bohr e Werner Heisenberg svolgono numerosi studi ed esperimenti sulla teoria della misurazione quantistica, venendo all’interpretazione di Copenghagen: la realtà potrebbe essere influenzata dall’osservazione.
Ma chi è questo osservatore? Noi che la viviamo, o qualcuno dall’alto che ci guida?
È proprio la domanda che si è posta la cultura pop, con il celebre film del 1999 Matrix: l’umanità vive inconsapevolmente in una simulazione, così da rimanere sempre sotto controllo.
Arriviamo poi al 2003, quando il filosofo svedese Nick Bostrom stila tre affermazioni, dove almeno una delle quali deve essere vera:
1) È improbabile che una civiltà avanzata raggiunga il livello tecnologico necessario per creare simulazioni del genere;
2) Anche se una civiltà avanzata raggiungesse tale livello, non avrebbe interesse a creare simulazioni;
3) È altamente probabile che stiamo vivendo in una simulazione.
Se l’affermazione vera è la prima, non abbiamo di che da preoccuparci; se è la seconda, perché mai non avrebbe interesse? Dopotutto potrebbe essere un semplice “gioco”, proprio come lo è per noi The Sims (o GTA, o qualsiasi altro gioco di realtà simulata); se dovesse essere la terza… beh, anche in caso esistessero infiniti universi paralleli, il fatto che non abbiamo una tecnologia in grado di creare un universo da controllare testimonierebbe il fatto che è altamente possibile che siamo noi quelli controllati.
Ovviamente tutto ciò non può essere considerato teorie, sia perché sono solo domande, senza alcuna prova, sia per il famoso “Occam’s Razor”: la spiegazione più semplice è spesso quella corretta, o almeno così tendiamo a credere. Accettare che la realtà è semplicemente la realtà, è sicuramente la scelta più semplice, dunque la più probabile.
Certo che anche in caso contrario, spunterebbero fuori diversi dubbi: se viviamo in una simulazione, che fine fa il concetto di libero arbitrio? Qual è lo scopo di questa simulazione? Chi l’ha creata? E perché?
Realtà o simulazione, io credo che non sia troppo importante ai fini del nostro vivere quotidiano. Ma credo sia fondamentale cominciare a porsi certe domande, perché è bene mantenere la mente attiva e curiosa verso l’ignoto.
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