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lunedì 10 febbraio 2025

#Racconti: 1888 - Prima Parte

La saga di 188qualcosa è una saga dallo stile realismo surreale. Fatti, luoghi e personaggi sono frutto della fantasia dell’autrice che prende ispirazione solo dal proprio vissuto ai fini di trovarvi una morale degna di essere raccontata.


Non è necessario leggere i capitoli precedenti, che potete comunque trovare qui.
 
Il Corvo gracchiava nel padio del Palazzo che Erf aveva da poco acquistato presso una famiglia aristocratica in crisi finanziaria. Proprio come nel 2025, anche nel 1888 reputava volgare parlare di danaro e ogni volta che vedeva la sua creatura spalancare le ali e rincorrere dei passeri, si sentì grata a sé stessa di aver comprato la nuova dimora senza neanche conoscere la cifra pattuita. Aveva chiesto alla famiglia, infatti, di parlare direttamente con Ernesto, colui che si occupava dei suoi conti. Per quanto la riguardava poteva aver speso una miseria o una fortuna, non importava perché l’unico desiderio era vedere il Corvo crescere felice e sereno.
Terminò la colazione e si alzò per controllare il roseto ancora vestito di sole spine; una nebbiolina leggera si alzava da est, insieme alla luce gialla del sole all’orizzonte.
«Da quanto tempo non vi è una giornata serena, eh?»
«Cra. Cra.»
«Lo so, anche la pioggia è necessaria. Purifica.» fece un sorriso vedendo arrivare l’Istitutrice. «Ebbene. Devo andare, mio diletto.» il Corvo volò e si posò sulla spalla di Erf. «Comportati bene con l’Istitutrice. Non voglio sentire lamentele. Sii un gentilcorvo. Ricordati: la vera eleganza è nel farsi ricordare senza attirare l’attenzione. Sii sempre onesto, gentile e rispettoso. Se non hai voglia di svolgere i compiti assegnati, dillo chiaramente, non scadere in comportamenti non consoni. Chiaro?»
«Cra» rispose fiero il Corvo.
La madre chiuse gli occhi e avvicinò il suo volto su quello tutto nero e piumato del piccolo. «Dio solo sa il bene che ho fatto per meritarti.» Gli diede un bacio e il Corvo volò elegantemente verso la sua Istitutrice, per poi atterrare ai suoi piedi e insieme camminare verso la stanza adibita ad aula.

Il cuore di Erf era pieno di gioia: era un piacere veder crescere il suo bambino, a breve sarebbe stato in grado di provvedere a sé stesso, si sarebbe fidanzato, avrebbe messo su famiglia, sarebbe diventata nonna… meglio non pensarci ora.

Come un segnale di ritorno alla realtà, si palesò il turbine nero, accompagnato da un forte vento che fece volare tutti i fogli fino in quel momento tranquilli sul tavolino del padio. Era una situazione come sempre seccante, ma ora era una madre, aveva bisogno di dare il buon esempio al Corvo e non doveva sminuirsi facendo vincere quella presenza oscura. Il vortice prese la sua forma umana, come sempre vestito in completo con cappotto, scarpe, fedora e bastone da passeggio tutto rigorosamente del colore della notte.
«Buongiorno Vostra Signoria.»
Erf sospirò mentre raccoglieva i fogli sparsi a terra. «Vi ho già detto che non ho un titolo, non mi dovete perciò chiamare Vostra Signoria.»
«Avete ragione, ogni volta che me lo dite sento un moto di rabbia e frustrazione. Mi chiedo come sia possibile che una così bella fanciulla come voi, intelligente, oggettivamente simpatica, così nobile… non abbia un titolo. Questa cosa fa inorridire ogni fibra del mio essere.»
«Sì.» Erf si alzò a fatica, avendo a che fare con il corsetto e dovendo mandare giù i primi ardori contro quello che in un certo senso era il padre del suo Corvo, un amico fidato ma pur sempre il Terribile Tormento. «Ebbene. Come mai qui di primo mattino? È insolito accogliervi prima del pomeriggio.»
«È vero. Dov’è il Corvo?»
«A lezione. Oggi ha letteratura alla mattina e matematica al pomeriggio. Povero tesoro.»
«Una tragedia, lo capisco. Allora possiamo parlare con calma. Devo chiedervi un favore.»
«Accomodatevi, vi faccio portare qualcosa?»
«Una brioche siciliana con dentro la granita agli agrumi che fanno buona solo giù, grazie.»
«Siete sicuro? La mia cuoca è romana… o lo state chiedendo solo per lamentarvene dopo?»
«Un caffè andrà più che bene.»
«E sia».

Dopo pochi istanti in cui il Maggiordomo portò la tazzina di caffè con qualche dolcetto al cioccolato allo sgradito ospite di Erf, il Terribile Tormento prese parola.

«Ebbene. Sono venuto a trovarvi perché mi serve una cortesia.»
«Questo lo avete già detto poc’anzi.»
«Io vi sono sempre stato d’aiuto, vi sono sempre stato accanto, vi ricordate quella passeggiata notturna in un mercato rional..»
«Terribile Tormento, non vorrei risultare maleducata, ma ho da fare e perdere tempo è un vezzo che hanno i dipendenti pubblici. Potete arrivare al punto?»
«Ecco… vorrei avere la possibilità di cenare con voi e… un… un… mio… ecco, sì… unmioamico
Erf giunse le mani e guardò più intensamente il Terribile Tormento. «Chi è questo vostro amico?»
«Oh, voi lo conoscete. So che intrattenete una fitta corrispondenza, ci sono giorni della settimana in cui mi è vietato parlarvi, ma con lui continuate sempre.»
«Capisco. E sia, sarà di certo un gradito ospite.» Erf sorrise rimanendo però austera agli occhi del Terribile Tormento che, sorpreso dal fatto che la sua Signora avesse accettato con così poca resistenza degli ospiti in casa sua, non sapendo come reagire sparì in un turbinio di atroce sofferenza.

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