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Usi & Costumi

lunedì 28 ottobre 2024

#Halloween: Atto d'amore - Prima Parte

Attenzione: per i temi trattati si consiglia la lettura a un pubblico adulto e non impressionabile.

Simone ha passato tutta la sua vita a rispettare le regole, a diventare l’uomo che chiunque tra i famigliari, gli amici e la moltitudine delle persone che ha incontrato tra una stretta di mano, uno sguardo sfuggente o un commento mai letto sotto un suo post su Instagram, si aspettava diventasse dal momento della sua nascita: l’erede dell’enorme impero economico messo su dal suo bisnonno.

Fin dalla più tenera età ha avuto poco margine di scelta: la divisa scolastica dalla materna al liceo a tinta blu notte, con il cravattino cobalto e lo stemma ben cucito a destra, in bordature oro era il suo outfit dal lunedì al venerdì, per poi concedersi al lusso di altro vestiario nel weekend, dove poteva scegliere fino a tre capi, tutti già preparati dalla madre che aveva passato l’intera settimana a organizzare eventi fino al minimo dettaglio, e questo includeva anche come si sarebbero dovuti vestire lui e le sue due sorelle maggiori.

Le aveva sempre un pochino invidiate: per loro nessuno si aspettava nulla se non un matrimonio, anch’esso ben organizzato, e la sicurezza di altri tre bambini ciascuna. Mentre la società fuori il loro maestoso cancello progrediva lasciando più spazio alle donne, nella sua famiglia era impensabile che Gisella ed Elisabetta potessero prendere le redini dell’azienda di famiglia. Ancora più impensabile era mettersi contro il grande capo, loro padre, che da primogenito forse non si era mai chiesto se davvero nascere come primo maschio fosse sufficiente a constatare la bravura nella dirigenza.

Intinge il pennello nella ciotola con la spuma da barba e poi se lo passa sul suo volto. Anche se fuori di lì va ormai di moda l’uomo con la barba, lui deve dare l’impressione dell’uomo sempre ben curato e onesto, che non ha nulla da nascondere e per questo lascia il suo viso limpido e nudo, come un qualsiasi fanciullo innocente. Innocente. Tituba per un attimo, fermando il rasoio per non rischiare di tagliarsi. La sua innocenza è andata perduta cinque anni fa, quando conobbe Rebecca in una delle feste organizzate dalla sua vecchia congrega, segreta fin dai tempi dell’Università.

Il dizionario definisce l’innocenza come la mancanza di colpe o di responsabilità nei confronti di un preciso reato o addebito,ma quando pensa a cosa ha combinato con il suo gruppo di amici storici, di cosa si è macchiato tra furti, uso di sostanze stupefacenti, rapporti sessuali sempre consenzienti ma poco ortodossi, sa bene che per quelli come lui la definizione di innocenza si trasforma in: colpe o responsabilità nei confronti di un preciso reato o addebito mai venute alla luce.
Almeno questo è quello che pensava prima di aver conosciuto Rebecca.

Donna tentatrice, così fintamente ingenua curata con un trucco altrettanto finto dall’apparenza acqua e sapone, se non fosse per i filler iniziati alle prime imperfezioni facciali venuti fuori dopo la pubertà. Le unghie perfette dai toni neutri e dal ritocco ogni quindici giorni, i capelli del suo colore naturale ma con una piega sempre perfetta e dall’odore del salone di parrucchiere.
Sono stati gli occhi di Rebecca a colpirlo. Non è una frase fatta, di donne come lei ne è piena la sua vita, ma gli occhi azzurro ghiaccio hanno sempre avuto quello scintillio che prima di incrociare il suo sguardo aveva visto solo riflesso allo specchio. L’entusiasmo che cela qualcosa di macabro, un impulso mai confessato a nessuno, proprio come l’amarezza dietro una risata quando si sente una battuta di humour così dark da pensare: “Cazzo, finirò all’Inferno” perché dopotutto è vera, e si sta ridendo su quello che potrebbe essere un reato, un atto che fa inorridire al solo pensarci.

Rebecca, come lui, ha sempre avuto quello scintillio presente in momenti casuali. Lo ha visto quando guardava un uomo o una donna avvicinarsi sensualmente al suo compagno, quando parlava o rideva con la sua migliore amica, persino al solenne funerale di suo nonno. Poi la confessione più macabra avvenuta un anno prima, al loro quarto anniversario: “Sai, penso sempre alla morte. Mi piace, mi affascina. Guardo le persone e le immagino morte. Penso che la morte renda tutti più belli.”

Penso che la morte renda tutti più belli. L’ultima frase risuona nella sua testa, il battito del cuore accelera mentre la mente torna in quel passato, a come lui ha risposto: “Vorrà dire che al prossimo anniversario ti porterò un cadavere invece che un mazzo di fiori…” avevano riso, ma poi eccolo, lo scintillio negli occhi di Rebecca che, sapeva, era presente anche nei suoi.

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