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martedì 9 aprile 2024

#Libri: Laboratorio Palestina

Esistono varie interpretazioni possibili sul significato di Israele, il nome dello Stato ebraico forzatamente creatosi nel territorio palestinese.
La prima deriva dall’unione del verbo śarar (“governare”) e del sostantivo el (“Dio”), così che Israele stia per Dio governa o Possa Dio governare. La seconda riprende, invece, il verbo śarah (“combattere”) in memoria di come Giacobbe cambiò nome dopo la lotta con una possibile manifestazione divina. Questa seconda interpretazione porterebbe il nome dello Stato ebraico a significare Colui che ha combattuto con Dio o Dio combatte.
La seconda etimologia si addice perfettamente alla descrizione dello Stato, dagli albori a oggi, fatta da Antony Loewenstein in Laboratorio Palestina: come Israele esporta la tecnologia dell’occupazione in tutto il mondo, disponibile in tutte le librerie dal 26 marzo 2024 grazie a Fazi Editore.

Che l’analisi e il punto di vista di Antony Loewenstein siano imparziali è innegabile: chi meglio di un ebreo può dare la sua opinione senza essere tacciato di antisemitismo?
Ed è questo uno dei tanti motivi per cui molte persone evitano di parlare apertamente di ciò che Israele, il suo governo e le sue forze armate stanno perpetrando da anni nei confronti del popolo palestinese, segregato, maltrattato e torturato in casa propria.

Il viaggio di Loewenstein nell’Israele più nero, di colore e di fatto, è una vera e propria discesa nell’Inferno – quello terreno e non dantesco, che è una passeggiata se paragonato a quello che centinaia di persone hanno subìto e stanno tuttora subendo anche per colpa di Israele.
Dovrebbe stupire come un popolo forgiato dalla sofferenza, dall’odio razziale più brutale e dall’infinito esodo abbia fatto della brutalità, della crudeltà e di esecrazione e disprezzo la fortuna del proprio Stato, ritagliatosi un posticino al mondo dove di spazio non ce n’era.

A prescindere dalla legittimità della proclamazione dello Stato d’Israele e delle rivendicazioni palestinesi, che Loewenstein non affronta come argomenti di discussione nel proprio scritto, di certo non si può negare come Israele sia diventato una voce forte – l’ultimo baluardo del civilizzato Occidente prima del selvaggio Medio Oriente, come in altri termini spiegato nel libro – a livello militare sul piano internazionale.

Laboratorio Palestina parla proprio di come la Striscia di Gaza, martoriata dai bombardamenti dalla proclamazione dello Stato d’Israele, e la Cisgiordania, tempestata di checkpoint israeliani per tenere sotto controllo la popolazione palestinese, siano i terreni di tutti gli esperimenti militari di Israele.
Foraggiato dai debiti di guerra della Germania, e fomentato e sostenuto da Stati Uniti e altri insospettabili – la Francia, per esempio –, sin dal principio il paese ha voluto fare della milizia la propria forza. Ha costruito un esercito e non ha fatto altro che addestrare e migliorare costantemente le proprie forze militari, investendo miliardi e miliardi nel settore bellico al fine di poter perfezionare armi d’esportazione.
I test di queste armi, strategie e addestramenti sono stati condotti sulla pelle della popolazione palestinese sin dall’alba dei tempi.

Situazione della Palestina
al 2004 (fonti ONU)
La lettura di Laboratorio Palestina è da misurare, una lettura da fare con il contagocce: non tanto per lo stile – essendo una sorta di saggio, per quanto lungo, è tutt’altro che complicato o difficoltoso da leggere – ma per i contenuti che presenta.

Uno sguardo sugli ultimi 75 anni di storia, dagli anni Cinquanta del secolo scorso a oggi, con un focus speciale su tutti i regimi dittatoriali, autoritari o di apartheid che sono nati in centinaia di paesi del mondo, così come ai conflitti tra Stati e alle guerre civili.
Israele si è nascosta dietro la privatizzazione della maggior parte delle multinazionali in grado di fornire armi o dispositivi spyware – dichiarazione reiterata ma più volte nelle azioni smentita, perché queste aziende prendono ordini proprio dal governo israeliano – e ha sostenuto militarmente e con programmi spesso illegali molti capi di Stato che, proprio come avevano per anni subìto gli ebrei, sono sempre stati in lotta con le minoranze, con parti di popolazione ritenute inferiori, indegne.

Qualsiasi situazione, dall’esplodere della pandemia Covid-19 alle navi di migranti che salpano dalla Libia e si ritrovano nel Mediterraneo, così come numerose guerre civili africane, le condizioni disumane cui sono costretti i cittadini del Kashmir, le dittature della Guerra Fredda nel Sud America (con lo zampino degli Stati Uniti). Ogni svolta, ogni spiraglio per Israele è motivo di pubblicità delle proprie armi, degli addestramenti militari disumani, della potenziale vendita di spyware che controllano cellulari di attivisti, dissidenti e chiunque ostacoli il regime in questione, portando alla violazione dei dati personali nonché, decisamente più importante, dei diritti umani.

Gaza, Cisgiordania e il popolo palestinese, spesso mai nemmeno menzionati da chi subisce il fascino di Israele, sono i campi dove tutte queste tecnologie, militari, e non, vengono sperimentate per le prime volte, testate sulla pelle di persone costrette ancora una volta a soccombere al più forte.

E no, non è antisemitismo, la bibliografia e le note accurate parlano chiaro: la ricchezza d’Israele si è costruita e si sta costruendo con le vite degli altri, e poco importa che le persone muoiano. L’importante, per Isreaele, è guadagnarci.

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