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Usi & Costumi

lunedì 24 ottobre 2022

#Pensieri: Il confronto

Parlare è tutto ciò che mi fa stare bene, avere qualcuno con cui sfogarsi, dire esattamente ciò che si pensa e come lo si pensa, senza venire giudicati o accusati di chissà quale peccato mortale, è una vera e propria benedizione. Sono grata di avere persone accanto con cui posso essere quella che sono nella più grande totalità, e sono ancora più grata di riuscire a guardarmi allo specchio e dire tutto quello che penso di me stessa. Tutto. Dal complimento più esagerato alla critica più temibile.     

Allo specchio sono io la causa delle mie risate, delle lacrime, della sofferenza… di qualsiasi emozione. Mi impongo di non dare mai la colpa all’esterno. Ci siamo io solo e il mio riflesso.

Non è stato facile fare amicizia con me stessa, ma come non lo è stato per niente prendersi la piena responsabilità di ogni azione, ma fortunatamente Marco Masini, al Festival di Sanremo 2020 è riuscito a venirmi in aiuto, con la canzone: “Il confronto”.

E sei stato un bugiardo, non hai avuto coraggio
quasi sempre imperfetto, ma qualche volta saggio
e sei stato per qualcuno un marito mancato
e sei diventato padre, ma non è capitato.

Quante volte, durante la giornata, mentiamo? Senza prenderci in giro, cerchiamo di contare tutte le volte in cui non diciamo ciò che pensiamo. Sono sicura che presto perderemmo il conto. Non voglio accusare nessuno, il più delle volte celare la verità è il comportamento più consono in una società civile, ma altre volte perché mentiamo? La verità, per essere espressa, ha bisogno di coraggio. Dire la verità significa anche subirsi eventuali conseguenze, belle o brutte che siano. Vuol dire non poter più tornare indietro, non rimangiarsi le parole, non nascondersi dietro il dito del: “L’ho detto senza pensare”. Non credo assolutamente che la verità sia bella o brutta, credo che semplicemente sia. La mia parte di confronto comincia bene, dal momento che riesco sempre a essere schietta, forse fin troppo. Il fatto è che poco mi interessa delle eventuali reazioni, se non dico ciò che penso, come lo penso, sento ribollirmi qualcosa dentro e puntualmente mi viene la colite. Non vedo la verità come offesa, anzi, quando qualcuno pensa di offendermi rispondo sempre con un “grazie” seguito dal sorriso. Di conseguenza non è mai mia intenzione offendere il prossimo.

Già dal secondo verso, il problema si fa più complicato. “Quasi sempre imperfetto”. Ho già parlato del mio cammino verso il perdonare me stessa, quindi non mi dilungherò più del necessario. Vedere tutti i miei errori, passati o presenti che siano, non è stata questa grandissima botta di felicità. Ho pianto, mi sono fustigata mentalmente, mi sono accusata, mi sono ferita più di quanto io abbia ferito gli altri. Tutto questo fino al momento in cui ho compreso che ogni errore commesso mi ha portata ad avere una sensibilità così profonda da non giudicare più niente e nessuno. Allora poi ho pensato: ma quanto devono aver sbagliato scienziati, inventori, artisti, esploratori… prima di raggiungere il più grande obiettivo della loro vita? “Sbagliare è umano, perseverare è diabolico”, e io, con tutta l’umiltà di questo mondo, vorrei anche aggiungere che: “apprendere dai propri sbagli ci avvicina al divino”.
Amando lo studio del latino, ho sentito la mia mente espandersi quando ho scoperto l’etimologia della parola perfezione: deriva da “perfectio”, così come perfetto deriva da “perfectus”. Entrambe le parole derivano da “perficio” che vuol dire: finire, portare a termine. Di conseguenza perfezione non vuol dire assolutamente qualcosa che sia esente da errori, ma qualcosa che è stato compiuto. Sono, siamo, perfetti, proprio perché abbiamo compiuto qualcosa, abbiamo portato a termine qualcosa, e non credete, come me, che gli sbagli facciano parte del processo? Che ci aiutino ad acquisire saggezza?

Ora parliamo di relazioni: quante volte ci comportiamo solo per compiacere gli altri? Gli altri vogliono da noi l’essere genitore, amante, figlio… quante volte accettiamo il ruolo che ci danno solo per non perderli? La smetto di commentare, perché è un discorso complesso e ognuno deve meditarlo da sé.

E sei stato sul campo sempre dietro a un pallone
e ora sei qui sulla porta a tirarti un rigore
come un eterno bambino, dentro gli anni di un uomo
e sei stato importante e in un lampo nessuno
Hai un cuore diesel che ci vai piano
la vita è un flipper e infatti ci giochiamo.

Ah, la vita. Chi ci segue tra blog, social e radio, lo sa: non sono mai stata il tipo di persona che ha pensato alla vita come: casa-scuola/lavoro-famiglia. Fin da bambina non ho mai capito questo ragionamento, e in età adulta ho compreso che è tipico di chi non sa guardarsi dentro. Per me la vita è molto di più, è passione, è ciò che ti spinge ad andare oltre, è il salto che fai nel vuoto, sono tutte le emozioni che provi, le relazioni che ti aiutano a crescere… Ovviamente ce ne ho messo di tempo per capirlo, anch’io ho passato anni dietro una routine che non ammetteva l’oltre, perché rimanere in una zona di comfort è più comodo e sicuro, almeno fino a quando la vita mi ha dato l’opportunità di ritrovarmi a calciare quel pallone. La scelta di come e dove tirare è stata solo mia.
Possiamo avere l’età che vogliamo, ma non matureremo mai finché non prendiamo la responsabilità di ogni nostra azione. Se rispondo male a qualcuno, è inutile dare accusare qualcuno del suo comportamento. Posso chiedermi, piuttosto, perché ho fatto in modo che mi sentissi ferita? Perché ho sentito il bisogno di difendermi?

Credetemi, quando cominciate a vedere ciò che vi circonda utilizzando questo trucchetto, l’ottica cambia del tutto e la vita somiglia sempre più a un gioco, a un qualcosa da non prendere troppo sul serio. Si ritorna bambini nell’animo, si fa più spazio alla gioia.

Ma cosa aspetti a dire basta?
E in quello specchio a urlare cambia faccia?
Non sei arrivato qui per sbaglio
hai dato tutto il peggio
ma hai fatto del tuo meglio.

E no, la vita non è giusta
è che il passato ci esce dalla testa
come canzoni dalla radio
amori nell’armadio
un po’ ti odio, un po’ ti amo

Ma oltre la paura del confronto
hai vinto tutto.

Spesso, soprattutto quando noto atteggiamenti vittimistici in me e negli altri, vorrei proprio urlare: “Basta!”. Mi figuro di strapparmi di dosso la maschera della vittima, che è il motivo principale che porta alla depressione, alla frustrazione. È vero, abbiamo sbagliato, abbiamo dato il peggio, ma se stiamo dove siamo, è proprio per le scelte che noi abbiamo fatto. Non ci piace ciò che stiamo vivendo? Cambiamo noi stessi.

La vita non è giusta, almeno non nel senso che noi uomini diamo della giustizia. Il karma non vuol dire occhio per occhio. Togliamoci dalla testa che gli altri ci fanno male e noi siamo i poverini che devono sempre subire. Karma deriva dal sanscritokarman”, che vuol dire: azione. Karma, quindi, vuol dire che ogni nostro pensiero, gesto, parola, torna a noi. E no, non possiamo essere così superbi da pensare: “Eh, ma mi ha fatto male, il karma sarà atroce per lui/lei.” Stiamo dando negatività, vendetta, indovinate un po’ a chi tornerà? Smettiamola di pensare alle punizioni degli altri, di essere così arroganti da credere di poter comandare il volere dell’Universo e concentriamoci su di noi.
La vita non è un tribunale che condanna secondo le regole degli uomini. Ci risponde esattamente come siamo all’interno. Ecco perché è fondamentale mettersi allo specchio e dirsi tutto ciò che si pensa.

E sei stato uno stronzo, quando lei ci credeva
l’hai lasciata morire lì con te alla deriva
ma sei stato un signore quando non hai risposto
e ti bastavano due parole, due parole
per rimetterla al posto.
Il cuore è un killer preso alle spalle
il mondo è open sopra miliardi di stelle.

Anche qui, non voglio parlare di relazioni, perché ognuno ha la sue. Ciò su cui vorrei concentrarmi è: “Il cuore è un killer preso alle spalle”. Attimo di pausa, fatevi entrare questa frase dentro. Bene, pronti?
Quante volte ci sentiamo accusati? “Perché non hai fatto questo?” “Perché non mi hai chiamato?” “Sei proprio ingrato/a”, “Ho riconsegnato i compiti, tu hai preso due!”. Tutte queste frasi, e altre ancora, cosa ci suscitano? Rabbia, vero? Il primo impulso è sempre quello di giustificarci, di deresponsabilizzarci, di dare la colpa ad altri, rispondendo: “E allora tu?”, “Chi pensi di essere?”, o ancora: “Non devo darti spiegazioni.”.     
Reagiamo così perché ci sentiamo feriti nell’orgoglio, perché sia mai che possiamo perdere la stima di noi stessi. Ah, che bello scaricare tutto agli altri, cedendo all’egoismo, vero? Beh, non trovate però sia un’inutile guerra da combattere? Non è più facile ammettere che abbiamo sbagliato, che si è dimenticato di fare qualcosa, o scusarsi se abbiamo ferito qualcuno con la nostra ingratitudine?
Farlo non sminuisce la nostra persona, anzi.

E no, la vita non è
e no, la vita non è giusta
è che il passato ci esce dalla testa
come notizie sul giornale
impronte sul pugnale
non vuoi cadere, non puoi volare.

Abbiamo la paura incontrollata di mostrarci fragili agli occhi degli altri. Diciamo pure che abbiamo la paura di incontrollata di mostrarci per ciò che siamo agli occhi degli altri, ecco perché non ci diamo il permesso di vederci noi per primi. Vogliamo stare bene, ma non accettiamo la possibilità di cadere e farci male, di conseguenza non potremo mai spiccare il volo.

Sai che adesso mi è chiaro
mi sono dato il permesso
di parlarti davvero
e accettare me stesso.

E tu?   

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