Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn è l’ennesimo tentativo della Warner Bros di cercare di creare un universo cinematografico per i personaggi DC, degno rivale della Marvel. Approdato in questi giorni sulla piattaforma di Netflix, non possiamo fare a meno di parlare di questo film del 2020. Per quale ragione? Beh... già quando era uscito in sala non ci aveva convinte poi molto, ma riguardandolo a distanza di un anno delle cose da aggiungere ci sono eccome.
Prima di addentrarci nel cuore di questa recensione, non possiamo fare a meno di accennare a ciò che si nasconde dietro questo progetto. Birds of prey, infatti, è un progetto tutto al femminile per quanto riguarda il retro-macchina da presa. E per un film che sembra voler parlare della psicologia di un personaggio complesso come quello di Harley Quinn è sicuramente un’ottima mossa di marketing.
Quando lo vedemmo nel 2020 non ci piacque particolarmente, anzi sembrò l’ennesimo fallimentare tentativo del franchising per cercare di rilanciare il proprio macro-universo. Un tentativo di avvicinarsi alla Marvel nella quale pecca maggiore restava sempre la scrittura della sceneggiatura; perché nel momento in cui vi sono più di un personaggio protagonista della scena il tutto entra nella confusione più totale.
Il titolo del film è Birds of Prey, ci si aspetta dunque una narrazione incentrata su queste gentil donzelle che cercano la loro rivalsa. In realtà, quello che si ha davanti è un fantasmagorico viaggio nella folle mente della psicologa Harleen Quinzel. Un percorso che, però, è stato poi confermato dalle altre pellicole che, nel corso dell’anno, sono succedute a questa. Concentrandoci infatti sul personaggio che è realmente protagonista di questa narrazione, noi assistiamo alla sua rinascita. Lei che è stata forgiata dalla pressante forza di un amore tossico dalla quale adesso riesce a sganciarsi per poter riuscire a pensare quasi esclusivamente a se stessa. In questa storia, infatti, assistiamo a tutte le fasi che susseguono il punto di rottura di una storia, con conseguente scoperta del sé più profondo. È vero, ovviamente questa pellicola, come dicevamo, risente tantissimo della sua scrittura e, quindi, ci si trova davanti a un percorso che è incompleto e parziale. Un percorso che, però, è stato cementificato grazie alla Squadra Suicida diretta da James Gunn.
Assunto questo punto di vista e compresa la natura di questo film, si deve metter play consapevoli di cosa si andrà a vedere. Con questa consapevolezza, infatti, cambia completamente il punto di vista e si riesce a godere a pieno della narrazione. Siamo né più e né meno nella testa di Harley Quinn, quindi tutto quello che vedremo è una sua rielaborazione dei fatti, un suo racconto che risente della confusione di una mente danneggiata psicologicamente. Gli “eccessi” visivi, dunque, come quelli di potenza nel combattimento corpo a corpo - scene magistralmente coreografate e visivamente riuscite - o le digressioni che la stessa Harley aggiunge nel racconto quando la sua mente sembra sconnettersi diventano codici di facile lettura.
Messe da parte le donne che campeggiano in tutta la loro furia sulla locandina del film, ci si concentra quindi su Harley. Lei che da sempre è stata affetta dalla sindrome di Stoccolma, dopo gli scontri della squadra suicida, cerca la sua emancipazione. Harley racconta la sua storia con i suoi passaggi temporali e con i suoi ricordi personali.
La pellicola è divertente, ilare, e la musica rende il tutto ancora più surreale e fumettoso. Margot Robbie, lo sappiamo, ha fatto sua questa Harley e ormai se l’è incollata talmente tanto bene addosso che sarebbe difficile da immaginare interpretata da un’altra.
Esistono, però, tantissimi altri personaggi femminili nel DC Universe che meriterebbero una maggiore attenzione, ma che soprattutto potrebbero essere simbolo di quella rivoluzione femminile che si sta cercando di portare avanti. Le Bids of Prey hanno risentito della mancata fiducia che il pubblico ormai nutre per l’universo DC e, da sole, non avrebbero mai attirato lo stesso pubblico che invece è stata in grado di calamitare la sola Margot Robbie.
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