Ci siamo imbattute nella leggenda di Remo e Cesare, leggendo “Leggende e racconti popolari di Roma”, di Cecilia Gatto Trocchi, qualche anno fa. Su internet non vi è alcuna traccia della storia, così, ispirate dalla voglia di sapere di più, siamo andate al rione Celio, (tra Monti e l’Appio Latino) dove sembra avere origine questa storia.
La Roma di adesso, però, non è più come quella di una volta, e trovare chi ha saputo parlarcene è stata davvero un’impresa. Attenzione: non vogliamo dirvi che le cose siano andate veramente come descritte da noi, da chi ce le ha raccontate, o dalla stessa Gatto Trocchi - che prese le informazioni da un abitante del quartiere -, vogliamo semplicemente farvela conoscere. Per il nome dei ragazzi, utilizziamo quelli presenti nel libro, ammettiamo che sono cambiati a seconda di chi ci ne ha parlato.
Remo e Cesare erano due studenti, forse dei primi dei Novecento, o forse del post seconda guerra mondiale, in realtà nessuno ha saputo indicarci l’esatto momento storico. A fine anno scolastico, hanno partecipato a una gita sull’Ardeatina, nei luoghi delle catacombe cristiane, quelle di S. Sebastiano. I due si erano portati anche il pranzo da casa, così da fare una sorta di picnic nei campi - oggi quartiere urbano, ma decenni fa era circondato dalla campagna - prima di tornare a casa, al Celio, appunto.
I due, però, erano anche poco inclini al rispetto delle regole e oltre al pranzo al sacco, avevano con sé torce e fiammiferi, decisi a lasciare il gruppo classe per andare a rubare delle reliquie o dei pezzi storici da poter rivendere nei giorni estivi. Appena il frate - che faceva da guida - intonò il “Salve Regina”, sgattaiolarono via, per compiere la loro missione. Vedendo tanti oggetti interessanti, persero la cognizione dello spazio-tempo, fino a perdersi nei cunicoli stretti e bui delle catacombe.
Erano terrorizzati, non solo perché non sapevano dove stavano, ma anche perché erano circondati da insetti enormi e totalmente bianchi, quasi sul trasparente. Non riuscirono comunque a smettere di camminare, convinti che prima o poi avrebbero trovato una via d’uscita. Arrivarono a un punto dove iniziava un corridoio largo, che poi sfociava in una cappella con dei pezzi di marmo alle pareti. Il soffitto era decorato con lettere a loro strane, ma quando videro la Stella di Davide, si convinsero di essere arrivati alle catacombe ebraiche, al Ghetto ebraico di Roma. Uno dei due cominciò così a chiamare il nome di due persone che conosceva bene e che lavoravano nei seminterrati dei palazzi. Ogni tentativo, però, sembrò non portare alcun risultato.
I due, però, erano anche poco inclini al rispetto delle regole e oltre al pranzo al sacco, avevano con sé torce e fiammiferi, decisi a lasciare il gruppo classe per andare a rubare delle reliquie o dei pezzi storici da poter rivendere nei giorni estivi. Appena il frate - che faceva da guida - intonò il “Salve Regina”, sgattaiolarono via, per compiere la loro missione. Vedendo tanti oggetti interessanti, persero la cognizione dello spazio-tempo, fino a perdersi nei cunicoli stretti e bui delle catacombe.
Erano terrorizzati, non solo perché non sapevano dove stavano, ma anche perché erano circondati da insetti enormi e totalmente bianchi, quasi sul trasparente. Non riuscirono comunque a smettere di camminare, convinti che prima o poi avrebbero trovato una via d’uscita. Arrivarono a un punto dove iniziava un corridoio largo, che poi sfociava in una cappella con dei pezzi di marmo alle pareti. Il soffitto era decorato con lettere a loro strane, ma quando videro la Stella di Davide, si convinsero di essere arrivati alle catacombe ebraiche, al Ghetto ebraico di Roma. Uno dei due cominciò così a chiamare il nome di due persone che conosceva bene e che lavoravano nei seminterrati dei palazzi. Ogni tentativo, però, sembrò non portare alcun risultato.
Con la speranza di stare in una zona molto vicina a casa, ripresero a camminare e arrivarono a uno spiazzo dove era presente una chiesa con sette statue. Tutte e sette rappresentavano un bambino (quattro femmine e tre maschi) che dormivano. Erano avvolti sotto un lenzuolo, e alle mani portavano dei rami di palma, o di altri alberi da frutto. - Nostra interpretazione personale: più che addormentati, secondo noi erano morti -. Ciò che sorprese i due ragazzi, però, fu il candore del marmo, come se le statue fossero state finite il giorno prima. Uno dei due toccò una delle statue, e in quel momento una brezza di vento gelido li fece spaventare a morte. Dopo le urla, i due si accorsero dell’eco che invadeva l’ambiente ed euforici come solo due giovani ragazzi possono essere nonostante la situazione tragica, cominciarono a intonare delle canzoni. Alle pareti erano raffigurati gli Arcangeli Ariele, Michele, Raffaele e Gabriele. A loro parve che i quattro muovessero le ali a tempo di musica.
Ripresero ancora a camminare, finché non sentirono dell’acqua scorrere a pochi metri da loro. Si avvicinarono e videro una sorgente di acqua trasparentissima andare verso un piccolo lago sotterraneo. Decisero di sostare un po’ lì, mangiando, bevendo e riposando. Quando si svegliarono, cominciarono a capire che le speranze di uscire erano veramente poche. Continuarono però a vagare, senza sapere dove. A un bivio videro un filo di luce provenire dal soffitto. I due esultarono, e cominciarono ad allargare il buco per intere ore. Quando uscirono si sconvolsero: erano al mare, a Ostia! Felici di essere vivi e salvi, fecero un breve tuffo in acqua, poi tornarono a casa.
Quando riabbracciarono parenti e amici, questi ultimi rimasero tutti pietrificati: i due mancavano da giorni, e ormai si erano perse le speranze di vederli ancora vivi. Ma ciò che sconvolse di più, fu che dopo il loro racconto, una squadra i esperti controllò ogni cunicolo e percorso, non trovando mai nessuna traccia di ciò che Remo e Cesare hanno detto di aver visto.
Quando riabbracciarono parenti e amici, questi ultimi rimasero tutti pietrificati: i due mancavano da giorni, e ormai si erano perse le speranze di vederli ancora vivi. Ma ciò che sconvolse di più, fu che dopo il loro racconto, una squadra i esperti controllò ogni cunicolo e percorso, non trovando mai nessuna traccia di ciò che Remo e Cesare hanno detto di aver visto.
Che sia una storia di fantasia, o una di quelle che ci fa stupire, poco importa. È comunque una storia romana, e noi non vogliamo venga dimenticata.
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