Che gran felicità leggere libri scritti nello stile che più amo sia da lettrice che da scrittrice.
L’esordio di Nadia Noio mi ha conquistata fin dal titolo, “Tornerà la primavera” che, lampante e immediato, dà luce e speranza.
Quando facevo le medie la professoressa di italiano ci ripeteva sempre: “Non mi interessa se scrivete quattro, cinque, sei o mezza colonna. L’importante è che diciate tutto e non vi perdiate in inutili fraseggi o ripetizioni.”, ed per questo che sono cresciuta con lo stesso pensiero: un libro può essere profondo, bello, scorrevole anche senza inutili sproloqui messi solo per allungare il brodo. Ecco perché ho amato fino all’ultimo il romanzo della Noio: in neanche trecento pagine è riuscita a fami entrare pienamente nella vita famigliare di cinque generazioni!
È disponibile in tutte le librerie dal 4 giugno 2025, edito Fazi Editore.
Tutto ha inizio nella Campania di fine Ottocento. La Piccerella è una ragazzina dai misteriosi natali, ingenua perché non ha mai potuto davvero vivere nel mondo. Lavora come cameriera in un’aristocratica famiglia napoletana che vive in campagna. Le faccende, purtroppo, non sono il suo unico impiego, perché è costretta anche a intrattenere dando piacere al padrone, Mascariello, e al figlio di lui, Zufolo. Quando la Libbardèra, la padrona, viene a sapere della gravidanza della Piccerella, la fa spostare nella casa di una mammana, dove dopo qualche mese verrà alla luce Orlando, che fortunatamente ha ripreso tutto dalla madre, senza così dare addito alle chiacchiere.
È grazie alla mancata somiglianza con la linea paterna che madre e figlio possono tornare a servizio, e qui Orlando crescerà, nonostante tutto, accettato anche dai padroni. Il tempo passa e lui infrange i sogni della madre che lo voleva elevarsi di status, quando si innamora di Luisa: figlia di strani girovaghi e con una linea dinastica che sa di magia ma anche di occultismo. Lei, infatti, è in grado di sentire delle voci che la avvertono di tutte le sventure.
Ed è da qui che la famiglia prende il via quell’aura di magia mista a santità che accompagnerà ogni membro, fino all’ultima creatura affacciata alla vita nell’ultimo decennio del Novecento, come una sorta di chiusura di un cerchio secolare.
Sacro e profano si intrecciano continuamente nelle vicende dei membri, in un libro ricco di personaggi, avvenimenti storici e famigliari ma che non pesano assolutamente al lettore.
La Noio ha saputo descrivere con accuratezza dei secoli passati, senza far risultare i personaggi come alieni. Mi batterò sempre nel ripetere che: se si vuole scrivere qualcosa nel passato, bisogna farlo con la mentalità del passato. Mi sono quasi commossa, quindi, quando ho letto di tutti i personaggi calzare perfettamente i panni di persone di quei tempi. Superstizioni, vecchi modi di dire e di fare, pensieri che sanno di beata ignoranza… insomma, come sempre accade quando si leggono libri storici e di saghe famigliari ben scritti, tutti loro sono stati come un caldo abbraccio verso quel passato che non vive più nel quotidiano ma che tutti, in un modo o nell’altro ci portiamo dentro.
Possiamo empatizzare con ognuno di loro e in loro possiamo riconoscere una parte di noi o di un nostro parente caro che abbiamo conosciuto dal vivo o che abbiamo fatto attraverso i racconti di chi c’era.
La Noio, quindi, non solo ci ha donato un romanzo profondo, ricco di storia e di vicende che invitano alla riflessione, ma anche un modo per riscoprire con curiosità la nostra genealogia, andando dai parenti più anziani per chiedere da dove nasce quel modo di dire che è solo nostro, quella falsa credenza che si perpetua generazione dopo generazione come una ricetta scritta male che ha un errore mai corretto.
L’esordio di Nadia Noio mi ha conquistata fin dal titolo, “Tornerà la primavera” che, lampante e immediato, dà luce e speranza.
Quando facevo le medie la professoressa di italiano ci ripeteva sempre: “Non mi interessa se scrivete quattro, cinque, sei o mezza colonna. L’importante è che diciate tutto e non vi perdiate in inutili fraseggi o ripetizioni.”, ed per questo che sono cresciuta con lo stesso pensiero: un libro può essere profondo, bello, scorrevole anche senza inutili sproloqui messi solo per allungare il brodo. Ecco perché ho amato fino all’ultimo il romanzo della Noio: in neanche trecento pagine è riuscita a fami entrare pienamente nella vita famigliare di cinque generazioni!
È disponibile in tutte le librerie dal 4 giugno 2025, edito Fazi Editore.
Tutto ha inizio nella Campania di fine Ottocento. La Piccerella è una ragazzina dai misteriosi natali, ingenua perché non ha mai potuto davvero vivere nel mondo. Lavora come cameriera in un’aristocratica famiglia napoletana che vive in campagna. Le faccende, purtroppo, non sono il suo unico impiego, perché è costretta anche a intrattenere dando piacere al padrone, Mascariello, e al figlio di lui, Zufolo. Quando la Libbardèra, la padrona, viene a sapere della gravidanza della Piccerella, la fa spostare nella casa di una mammana, dove dopo qualche mese verrà alla luce Orlando, che fortunatamente ha ripreso tutto dalla madre, senza così dare addito alle chiacchiere.
È grazie alla mancata somiglianza con la linea paterna che madre e figlio possono tornare a servizio, e qui Orlando crescerà, nonostante tutto, accettato anche dai padroni. Il tempo passa e lui infrange i sogni della madre che lo voleva elevarsi di status, quando si innamora di Luisa: figlia di strani girovaghi e con una linea dinastica che sa di magia ma anche di occultismo. Lei, infatti, è in grado di sentire delle voci che la avvertono di tutte le sventure.
Ed è da qui che la famiglia prende il via quell’aura di magia mista a santità che accompagnerà ogni membro, fino all’ultima creatura affacciata alla vita nell’ultimo decennio del Novecento, come una sorta di chiusura di un cerchio secolare.
Sacro e profano si intrecciano continuamente nelle vicende dei membri, in un libro ricco di personaggi, avvenimenti storici e famigliari ma che non pesano assolutamente al lettore.
La Noio ha saputo descrivere con accuratezza dei secoli passati, senza far risultare i personaggi come alieni. Mi batterò sempre nel ripetere che: se si vuole scrivere qualcosa nel passato, bisogna farlo con la mentalità del passato. Mi sono quasi commossa, quindi, quando ho letto di tutti i personaggi calzare perfettamente i panni di persone di quei tempi. Superstizioni, vecchi modi di dire e di fare, pensieri che sanno di beata ignoranza… insomma, come sempre accade quando si leggono libri storici e di saghe famigliari ben scritti, tutti loro sono stati come un caldo abbraccio verso quel passato che non vive più nel quotidiano ma che tutti, in un modo o nell’altro ci portiamo dentro.
Possiamo empatizzare con ognuno di loro e in loro possiamo riconoscere una parte di noi o di un nostro parente caro che abbiamo conosciuto dal vivo o che abbiamo fatto attraverso i racconti di chi c’era.
La Noio, quindi, non solo ci ha donato un romanzo profondo, ricco di storia e di vicende che invitano alla riflessione, ma anche un modo per riscoprire con curiosità la nostra genealogia, andando dai parenti più anziani per chiedere da dove nasce quel modo di dire che è solo nostro, quella falsa credenza che si perpetua generazione dopo generazione come una ricetta scritta male che ha un errore mai corretto.
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