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mercoledì 19 giugno 2024

#StorieRomane: San Lorenzo in Lucina

Noi residenti lo sappiamo bene: per visitare tutta Roma non basta una vita. Capita spesso, infatti, che si passi per anni di fronte una chiesa e non si abbia mai tempo per entrarvi e quando gli astri finalmente si congiungono, cogliamo finalmente l’occasione di farlo.

Era un pomeriggio d’aprile, quando dopo una conferenza all’Ordine dei Giornalisti del LazioRione Colonna, a due passi da Palazzo Montecitorio – dovevo “volare” verso un’altra conferenza alla biblioteca Moby Dick, zona Garbatella.
Eppure, quando mi sono ritrovata in piazza San Lorenzo in Lucina, il tempo è sembrato fermarsi. Mi sono tornate alla mente le parole del cognato di un mio amico, nato e cresciuto negli Stati Uniti, ma spesso in visita a Roma: “Questa è la piazza più bella della città”.

Pur non essendo d’accordo con lui, perché per me il primato va a Piazza della Repubblica, mi sono fermata a osservarla e davanti ai miei occhi ho visto l’entrata della chiesa, poi scoperto fosse una basilica. Quando sono entrata, mi è mancato il respiro.

La facciata incanta fin da subito, spiccando tra tutte quelle delle chiese limitrofe. Il portico è decorato con sei colonne in granito, il tutto sormontato da un architrave ricavata da una vecchia colonna scanalata.
A destra del portico troviamo il campanile romano a cinque ordini, mentre ai lati del rosone vi sono due finestre rettangolari d’età barocca.

Più che l’entrata di una basilica, ricorda l’ingresso di una vecchia domus romana e difatti, secondo la tradizione, prima vi sorgeva la residenza di Santa Lucina, matrona vissuta a Roma tra il I e il II, che convertita al cattolicesimo, si fece battezzare proprio da San Pietro, almeno sempre secondo la tradizione.

La domus venne consacrata a luogo di culto nel 440, da Papa Sisto III, per poi essere ricostruita totalmente nel 1130, da Papa Pasquale II.
A lungo, nel corso della storia, vi sono stati apportati cambiamenti ma i più significativi, che risaltano anche oggi, sono la trasformazione della chiesa in una navata unica (metà XVII secolo, dallo scultore e architetto Cosimo Fanzago) mentre prima ve ne erano tre.
Nel XIX secolo Papa Pio IX tolse le decorazioni barocche per sostituirle con gli affreschi di Roberto Bompiani. In ricordo dello stile barocco ritroviamo ancora oggi il pulpito.
Il suo successore, Pio X, nel 1908 la dichiara basilica minore.

Le cappelle rimaste conducono all’altare maggiore seguendo un vero e proprio percorso teologico.
La prima cappella a sinistra segue il percorso cristologico: dal battesimo di Gesù, alla sua crocifissione (tela di Guido Reni, che dà sull’altare maggiore) per finire all’ascensione dove il Cristo è raffigurato assieme a Papa Damaso I, San Lorenzo e Santa Lucina. L’altare, del 1669, è stato disegnato da Carlo Rainaldi.
Il secondo è dedicato a Maria: dalla sua nascita, all’Annunciazione, e ancora l’Immacolata Concezione e infine la Presentazione al Tempio.
Il terzo è chiamato percorso “laurentino”, ed è dedicato a San Lorenzo, su tre tele dove sono raffigurati i momenti più salienti della vita del martire, firmate da Sigismondo Rosa e Giuseppe Creti. Qui, sotto la mensa dell’altare, sono presenti i resti della graticola del martirio. Al museo parrocchiale si possono vedere le catene che lo tenevano legato.

Non è una chiesa del centro storico di Roma se non continua ad avere opere dei grandi nomi. Ve ne citiamo alcuni: la cappella Fonseca è stata disegnata da Gian Lorenzo Bernini, come il busto marmoreo del Fonseca stesso.
Carlo Saraceni, tra i più illustri discepoli del Caravaggio, ha la firma dell’opera “San Carlo porta in processione il chiodo della croce” (1618).
Il celebre Simon Vouet – di maggior spicco tra il caravaggismo, che evolse in Francia mettendo anche un po’ di stile barocco – ha ben due tele: “La tentazione di San Francesco” e “La vestizione di San Francesco”.
Ovviamente i nomi non finiscono qui, potete ammirare molte altre opere andandoci.

Ma adesso la mia parte preferita: vedere chi vi è sepolto.
Troviamo tre pittori: l’italiano Pompeo Batoni, il francese Nicolas Poussin e il tedesco Adam Elsheimer. La tomba del primo fu fatta costruire per volontà di François-René de Chateaubriand, che la letteratura vuole come fondatore del romanticismo francese, ma che all’epoca a Roma aveva l’incarico di ambasciatore.
Ben quattro compositori: gli italiani Luca Marenzio, Bernardo Pasquini, il ceco Josef Mysliveček e il catalano Domingo Miguel Bernabé Terradellas.
Gli archietetti Matteo e Clemente Lovatti, Raffaele Stern, l’archeologo e collezionista d’arte Carlo Fea, l’archiatra pontificio, chirurgo e archeologo Giuseppe De Matthaeis.
Non mancano, ovviamente, i cardinali titolari della chiesa (in ordine cronologico): Luigi Capponi, titolare dal 1629; Giuseppe Renato Imperiali, titolare dal 1727; Carlo Cremonesi, titolare dal 1935 e Pietro Ciriaci titolare dal 1964.

Se volete visitare questa incantevole basilica, vi basta scendere alla fermata della metro A Spagna e proseguire per circa sette minuti a piedi.

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