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lunedì 1 gennaio 2024

#StorieRomane: Capodanno Romano

Inauguriamo il nuovo anno con il primo articolo del 2024 dedicato proprio alle tradizioni tipiche che avevano i nostri avi Romani.

Un tuffo nel passato, a rivedere le radici che troppo spesso ci dimentichiamo di avere mentre siamo intenti a creare guerre tra poveri del Nord e del Sud Italia.
È tempo di tornare ad ascoltare la dolce voce di mamma Roma che ci sussurra ricordi, rendendoci consapevoli del nostro essere tutti eredi di lei che è la Regina tra gli Imperi
 Primo dell’anno… a metà marzo!

Non si può ignorare la leggenda sulle divine origini di Roma: il dio Marte seduce la sacerdotessa Silvia, nascono i gemelli Romolo e Remo, allevati da una nobile lupa.
Marte, quindi, è sempre stato il dio principale della Città Eterna e pertanto l’inizio dell’anno era da associarsi al mese di marzo: quando l’inverno cede il passo alla primavera e la natura rinasce sotto l’attento sguardo dei contadini e il romantico pulsare dei giovani innamorati.
L’equinozio di primavera coincideva quindi con il passaggio tra il vecchio e il nuovo anno ed è con le idi di marzo, nei giorni in cui il mese è diviso in parti uguali, che si cominciava a celebrare l’inizio del nuovo anno.

Ma cosa c’entra tutto questo con il dio della guerra?

Dobbiamo fare un “piccolo” salto indietro, prima che la mitologia Greca ispirasse quella Romana.     
Ancora prima di Marte, lo stesso dio era conosciuto con il nome di Mavor, figlio che la dea Jauna (divenuta poi Giunone) ha concepito toccando un fiore, per alcuni il narciso.

Jauna era conosciuta anche come la Grande Madre che, partorendo un figlio da vergine, era in linea con il pensiero dell’epoca secondo il quale la Vergine Natura trovava il suo sposo in primavera, nella natura stessa. La dea, inoltre, era una sorta di portale tra i tre mondi: quello degli inferi, quello terrestre e quello celeste.
Mavor, o Marte, divenne il dio dei giardini e della vegetazione per gli Italici, ma quando i Romani – di natura guerriera e sanguigna – riuscirono a conquistare tutta la penisola, resero il figlio della Vergine Giunone un dio degno del loro temperamento, almeno se non vogliamo cedere alla bassezza che li vuole semplici copioni dei Greci con il loro Ares.

Quindi, cosa facevano i Romani in questa data?

Con la lenta morte del buio e con le giornate sempre più lunghe, venivano dapprima spenti i sacri fuochi nel tempio di Vesta con l’acqua della fonte sacra di Giuturna, – ninfa delle fonti – moglie di GianoIanus, il dio delle fini e degli inizi – per poi essere riaccesi con altri legni sacri.
Dopodiché i sacerdoti Salii, il cui compito era quello di scandire il passaggio dei tempi militari e civili, portavano in processione le undici copie dello scudo piovuto dal cielo, assieme a uno scudo vero. Entrambi simboli della difesa di Roma: voluta sia in cielo che in terra.
Il Capodanno, quindi, non era una semplice festa dove si lasciava il vecchio per avere il nuovo, ma una vera e propria celebrazione religiosa volta alla salvaguardia della Città e conseguentemente della propria incolumità di cittadini o schiavi Romani.

Quando e come si arrivò al nostro Capodanno?

I Romani avevano una qualità che li ha saputi rendere grandi fin da subito: sapevano adattarsi ai cambiamenti, se questi erano degni di una crescita. Lo abbiamo visto con il nuovo volto del dio Marte e lo vediamo anche nel 153 a.C., quando il console Quinto Fulvio Nobiliore decide di cambiare la data.     
Ai tempi i consoli venivano nominati a dicembre, per poi iniziare il proprio incarico proprio alle idi di marzo, ma in quell’anno i Celtiberi si stavano rivoltando in Spagna e, per poter intervenire, Nobiliore chiese al senato di poter entrare subito in carica, nel mese dedicato al dio Giano, ricordate? Il dio delle fini e degli inizi, al quale noi abbiamo poi dedicato proprio il mese di gennaio.

I senatori trovarono la richiesta più che ragionevole, ed eccoci ancora adesso a perpetrare una tradizione vecchia di millenni, nata sotto il nostro caldo sole, ma che unisce tutto il mondo. Volenti o dolenti, anche gli Stati che non seguono il nostro calendario si arrendono all’ufficialità planetaria che ci vuole nel 2024, con un inizio al 1° gennaio e una fine il 31 dicembre.
Verrebbe da dire: “Grazie Roma”.


Non dimentichiamoci della biancheria rossa!

Eh sì, di nuovo loro: i Romani. Stiamo nel 31 a.C., con Ottaviano Augusto. A macchia d’olio si sparge una nuova diceria: “Chi indosserà un drappo rosso nel giorno del passaggio tra vecchio e nuovo, avrà un anno di potere, salute e fertilità”.
A Roma, si sa, il rosso, così come il giallo, è un colore importante. Al rosso è associato il sangue versato per la vittoria sul campo, per questo gli uomini di alto rango erano riconoscibili dalle mantelle rosse, meglio se pompeiano; persino le spose indossavano quel colore in riferimento al fuoco della dea Vesta e proprio le statue di quest’ultima, assieme a quelle di Giove, venivano decorate con mantelli o pitture sul volto del colore tanto gradito nel giorno di Capodanno.

Un giorno lavorativo… di festa

Immagine presa da Pinterest
Sulla carta si lavorava: botteghe, negozi, taverne e uffici amministrativi erano aperti. Nella realtà… beh, i Romani sono ancora oggi famosi per amare il divertimento. Le attività commerciali e non aprivano e chiudevano a proprio piacimento e non era detto che i responsabili fossero del tutto sobri.

Nelle case dei più abbienti erano tenuti banchetti con ogni prelibatezze dell’epoca: miele, datteri, fichi secchi e vino… tanto vino.
La superstizione dell’Urbe imponeva grandi festeggiamenti proprio perché era il modo migliore per aggraziarsi il nuovo anno che veniva considerato a tutti gli effetti come l’ospite d’onore.
In effetti i Romani erano soliti lasciare la porta aperta delle case già dalla sera prima, proprio per dare il tempo al vecchio di andare via definitivamente.
E dopotutto anche noi il 31 lavoriamo con un clima di euforia immaginando il nuovo entrare nella nostra vita. Almeno, così dovremmo fare, ricordandoci che siamo e saremo sempre degni figli di Roma, almeno quelli che ancora onorano il giallo e il rosso.

2 commenti:

  1. Splendido il finale che evoca i famosi colori giallorossi tipici della Roma antica (?) ma soprattutto della Roma contemporanea

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