Dopo l'analisi delle prime due puntate (qui), adesso ci addentriamo nella seconda parte della serie. La caratteristica dominante di Black Mirror viene persa e non si riesce a trovare, davvero, la luce in questa sorta di ciclicità distopica.
3. Beyond the Sea
Altra puntata che salviamo per metà, finita questa il resto è tutto un grande “mah”.
In questo caso ci muoviamo tra le stelle: Aaron Paul e Josh Hartnett (L'indice della paura)vestono rispettivamente i panni di Cliff e David, due astronauti impegnati in una missione spaziale che li tiene lontani dalla terra per anni. Per sopperire a tale mancanza sono stati realizzati due androidi replica che permettono ai due di poter “scendere” sulla Terra con la loro coscienza. In questo modo, tranne che per i controlli settimanali, loro vivono in compagnia della loro famiglia. Una notte, però, una setta hippy si introduce in casa di David con l’obiettivo di “ristabilire l’ordine naturale”: vogliono torturare la famiglia che vive con un robot e poi eliminare la replica. David, così, resta impotente spettatore delle atrocità che colpiscono la sua famiglia, non potendo realmente agire sulla Terra perché legato e immobilizzato. L’astronauta rimane profondamente provato dall’accaduto e ormai gli è stato reso impossibile riuscire a tornare prima del termine della missione; è, così, costretto a vivere sull’astronave senza la possibilità di provare ad andare avanti. Cliff, su suggerimento della moglie, decide di far tornare sulla Terra la coscienza di David attraverso la propria replica. Del resto il secondo pilota teme per la propria incolumità, considerato che il suo corpo umano è su quell’astronave pilotabile solo da due individui.
Le cose si complicano, ovviamente, perché David inizia ad attaccarsi in modo morboso alla famiglia di Cliff iniziando a pensare che loro vivrebbero meglio con la sua coscienza piuttosto che con quella del proprietario della replica che occupa. Davanti l’idea che David si stia innamorando di sua moglie, Cliff gli impedisce ulteriori visite.
Come finisce? Che David si vendica di questo divieto tornando nella replica di Cliff durante una missione che lo spinge al di fuori della navicella. David uccide la famiglia di Cliff restituendo al collega il dolore che lui stesso sta provando. Non avendo più nessuno da cui tornare i due sono costretti a vivere sull’astronave in attesa della fine della missione.
Questa puntata è stata interessante, seppur troppo lunga e prolissa, per via delle tematiche trattate: il lutto, il superamento dello stesso e la follia che la perdita può comportare. Un dolore devastante che priva l’uomo della lucidità necessaria per poter continuare a vivere. I due uomini, alla fine, finiscono per assomigliarsi e condividono più di quanto essi avessero mai voluto fare. Ma, anche in questo caso, ci troviamo davanti a un episodio un po’ fuori asse rispetto agli altri. È vero, siamo davanti a un contesto altamente tecnologico e umano, ma allo stesso tempo è come se mancasse il vero mordente di Black Mirror.
Qui entra in gioco l’elemento paranormale che contraddistingue le ultime due puntate. Siamo sul set di un film girato in Repubblica Ceca e seguiamo l’azione di una fotografa alla ricerca della star protagonista. Bo si guadagna da vivere come paparazza, ha lasciato il suo lavoro successivamente al suicidio di un attore causato dalla pubblicazione di una sua foto. Un suo collega, però, la convince a tornare in azione per poter cercare di mettersi sulle tracce di Mazey Day, scomparsa proprio da quel set che abbiamo visto nell’apertura dell’episodio. Grazie alle sue abilità non ha difficoltà nel riuscire a trovare l’attrice che è stata spostata dalla casa di un produttore a una casetta isolata all’interno di un bosco.
Da qui in poi il tutto prende una piega assurda. L’attrice viene ritrovata legata in un letto, con accanto due capre, è febbricitante e delirante e prega i fotografi di andar via. Bo è mossa a compassione e cerca di slegarla da quelle catene, ma Mazey rapidamente si trasforma in un lupo mannaro e inizia a dare la caccia ai fotografi ancora intenti a immortalarla sotto le luci dei loro flash. Bo e il suo collega Hector riescono a fuggire e a trovare rifugio all’interno di un dinner, ma ben presto vengono raggiunti e Mazey divora chiunque si pari loro davanti. Verrà fermata solo da Bo che immortalerà anche il suicidio della ragazza tornata umana successivamente al colpo che la fotografa le aveva inflitto.
Il perché di questa storia all’interno di una serie come Black Mirror è poco chiaro. Si esce al di fuori dei canonici binari e ci si proietta all’interno di un contesto fantasy che poco si confà. L’inserimento di un lupo mannaro non funziona neanche se si vuol ragionare in termini di “paparazzi mangiatori di scoop”, anche perché sembra quasi di peccare di over thinking. Non si può pensare che ci sia davvero un significato in qualcosa che realmente non è neanche horror e non rientra negli archetipi finora usati. È vero, il lupo mannaro fa parte dell’immaginario orrorifico, ma sembra essere totalmente fuori contesto. Mancano le basi del reale che tanto hanno fatto presa sul pubblico che amava questa serie.
Come la precedente puntata, anche in questo caso ci troviamo in un contesto che va oltre a ciò che è Black Mirror. Già dal titolo possiamo intuire come ci si muova nel soprannaturale e poco nell’attualità. Siamo nel passato, nel Regno Unito, in un negozio di scarpe nel 1979. Nida è una commessa di origine indiana ed è costretta, specie da una sua collega, a mangiare in cantina. L’odore speziato del suo cibo nausea la collega, palesemente razzista. All’interno della cantina trova un talismano che, per errore, viene macchiato dal suo stesso sangue nel momento in cui lo prende tra le dita. Il demone contenuto al suo interno, Gaap, viene così liberato. La missione di Nida, adesso, diviene quella di uccidere tre individui per poter appagare il patto che automaticamente è stato stretto col demone, altrimenti un’apocalisse nucleare si abbatterà sulla Terra. Una volta designate le sue vittime, la terza mietitura viene interrotta da un agente di polizia che la sta seguendo perché sospetta di lei per gli omicidi su cui sta indagando. Questa interruzione fa scattare l’apocalisse.
Certo, siamo davanti a una puntata decisamente romantica visto che, tirando le somme, Nida e Gaap scelgono insieme di viaggiare verso l'oblio pur di restare insieme. Una scelta che fa comprendere quanto non importino le difficoltà di un rapporto, se vi è un'affinità, ma restiamo sempre e comunque al di fuori di un coro.
Non è comprensibile il perché di questa puntata e le tematiche che vengono trattate. L’omicidio, in questo caso, sembra esser giustificato dall’inseguimento di un bene superiore, ma è pur vero che non c’è peggior cattivo di chi pensa di agire per il meglio. Nida agisce perché convinta di ciò che sta facendo, tanto che sceglie le sue vittime tra potenziali “cattivi” e non sceglie perfetti innocenti. È pur vero che, ciclicamente, questa puntata si ricollega a eventi che nella serie sono accaduti in puntate precedenti, ma temporalmente collocate in diverse annualità. Siamo nel passato, non va dimenticato, e le azioni di Nida tecnicamente si ripercuotono su ciò che abbiamo già avuto modo di vedere. In un certo senso è come se questa Apocalisse cancellasse la distopia di Black Mirror.
Tirando le somme di questa stagione, dunque, non possiamo fare a meno di soffermarci e rimpiangere la vecchia serialità. Netflix ha rovinato il core che muoveva questa serie portandola verso strade e vicoli ciechi. Se, infatti, in un primo momento potevamo quasi definirla profetica (come per “No Sedive”, eventi quanto mai realistici), adesso si è perso il focus. Si è, così, segnata profondamente la fine di una delle più belle serie mai realizzate.
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